She's walking down the street, blind to every eye she meets.

negozio di musica | Aron&Hella

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    Aron Power
    28 anni // auto-guarigione // Protettore
    Di solito, quando doveva scortare qualcuno d'importante glielo dicevano all'ultimo minuto: "Ehi, simpaticone, domani hai un diplomatico. Attento a te: se fai un passo falso la tua carriera è morta". Aron quella mattina si aspettava di trovarsi faccia a faccia con Bruce Sallister, visto che nessuno gli aveva specificato chi fosse la persona da scortare. Aveva chiesto via sms a più colleghi, ma nessuno era riuscito a scoprire chi diavolo c'entrasse con quella storia. Il Protettore sapeva solo che avrebbe dovuto aspettare il cliente sotto casa sua, poi avrebbe dovuto portarlo ad un negozio di musica nel distretto dei Cacciatori; una volta lì, avrebbe fatto il suo lavoro, seguendolo con particolare attenzione, ed alla fine lo avrebbe riportato alla sua abitazione, il tutto, secondo il suo superiore, "senza dire una parola". Quel grassone pelato sapeva bene quanto Aron potesse essere coinvolgente e simpatico, ed era sicuro che proprio per quel motivo fosse incredibilmente geloso. Non che avesse mai rispettato le sue regole fino in fondo, comunque: gli era successo di finire a cena assieme a dei diplomatici, e questo perché i più erano soli e non avevano voglia di mangiare senza nessuno accanto. Il bodyguard sapeva essere allegro senza mai sfociare nell'invadenza o nella maleducazione, e la gente, importante o meno che fosse, a certe cose faceva caso. Aveva protetto esseri umani di tutte le tipologie, aveva assecondato le loro fissazioni ed aveva evitato di giudicare, conquistando la fiducia di molti. Beh, sì, con alcune ci era anche finito a letto, ma quello era un eccesso di fiducia, a parer suo. Non che se ne lamentasse, quello no. Proprio per quel motivo, comunque, ad Aron non importava più di tanto sapere chi fosse il suo cliente: avrebbe cercato comunque di venirgli incontro, di non fargli troppe domande e di lasciarlo in pace, sempre tenendolo sotto controllo il più possibile. Non si era nemmeno domandato come mai avrebbe dovuto portarlo in un negozio di musica: i diplomatici erano soliti incontrarsi nei posti più disparati, e dopo averne portato uno in una lavanderia a gettoni non si sarebbe stupito più di niente. Ferguson, però, gli aveva detto di vestirsi bene, perché non poteva sapere con chi avrebbe avuto a che fare. Si fidava di quel suo collega, seppur non capisse come potesse essere un bodyguard, considerando che probabilmente pesava quaranta chili e persino una folata di vento se lo sarebbe potuto portare via. Era possibile che il suo Dono fosse così formidabile da permettergli di fare un lavoro del genere? Certo. Se l'era chiesto più volte, ed era arrivato sempre alla stessa conclusione: forse era un lupo mannaro come suo fratello, o magari un orso mannaro. Ad ogni modo, quella mattina aveva indossato il suo completo scuro -visto non sapeva se fosse blu o nero- e ci aveva abbinato una camicia dello stesso colore, alla quale erano state però accostate delle bellissime Converse nere nuove di zecca. Doveva stare comodo sul lavoro, e di certo indossare un paio di scarpe strette e luccicanti non l'avrebbe aiutato a destreggiarsi tra la gente. Aveva trovato un'enorme automobile sotto casa sua, e le chiavi gli erano state lasciate nella cassetta della posta, come da accordo. Non appena si era seduto sul sedile di pelle chiara aveva perso qualche minuto ad accarezzarla, notando quanto fosse ben cucita: ogni punto pareva essere stato fissato a mano, e la cura nei dettagli era così maniacale che aveva avuto paura persino di muoversi. Nonostante l'estremo lusso, Aron non si era fatto abbattere: aveva acceso lo stereo ed infilato la sua pennetta usb, alzando il volume ed annuendo a ritmo di musica. I Doors erano immancabili, soprattutto con una bella giornata di sole come quella.
    L'indirizzo dell'abitazione del cliente gli arrivò sul cellulare via sms: lo schermo si illuminò, rivelando la via ed il numero civico. Aron annuì a se stesso, poi inserì il testo nel navigatore incorporato alla macchina, che elaborò il percorso e glielo mostrò sul display. A quel punto, ritenendosi soddisfatto, il Protettore mise in moto e partì, portando entrambi gli angoli della bocca all'ingiù in un espressione compiaciuta: raramente gli capitava di avere certi vantaggi, e per una volta poteva goderseli in santa pace. Percorse la strada senza preoccuparsi troppo per l'orario, ma non appena parcheggiò davanti al palazzo si rese conto di essere arrivato solo con un paio di minuti d'anticipo. Stirò la bocca, sperando che il suo cliente non fosse un tipo fiscale, poi si piegò in avanti, cercando di scrutare quell'enorme costruzione. Era nel distretto dei Tentatori, gente di cui lui, generalmente, non si fidava: un po' perché l'Accademia lo aveva istruito a fare ciò, chiaramente, ed un po' perché non era bene che un diplomatico facesse parte di quella Congrega, almeno non dal suo punto di vista. Sì, perché aveva dato per scontato che il suo cliente fosse un pezzo grosso del governo, altrimenti non si sarebbe spiegato tutti quei sotterfugi per non farsi scoprire. Proprio mentre era intento ad osservare l'architettura, però, i suoi occhi non poterono non posarsi sulle curve di una donna che uscì in quell'istante dal portone principale: era abbastanza alta, aveva un manto di capelli scuri che le arrivava fin sotto le spalle ed i fianchi stretti, ulteriormente accentuati da un bel vestito e da un cappotto appoggiato soltanto sulle spalle. Camminava nella sua direzione, e per un momento Aron aggrottò le sopracciglia: l'aveva preso per un tassista o cosa? Fece per abbassare il finestrino e dirle di girare a largo quando una ragazzina poco distante lanciò un urlo, facendolo allarmare. Non aveva intenzione di cominciare male la giornata, per cui aprì lo sportello e scese, pronto a prestare soccorso; solo quando avvertì la sicura posteriore scattare si rese conto che la donna era schizzata dentro la macchina lussuosa che gli avevano portato, e che quella ragazzina le era corsa dietro.
    « Hella! Hella! » urlava, battendo sul finestrino come una pazza. Il cervello di Aron, udendo quel nome, fece due più due, unendo i dati a sua disposizione: quella che si era appena rifugiata nell'auto era Hella Anderson, una cantante di fama internazionale, e quella altro non era che una sua fan. Avrebbe dovuto scortare una cantante in un negozio di musica. A primo impatto, la cosa lo fece sorridere: tutta quella segretezza per una ragazza dalla voce d'angelo? Quando si accorse che la sostenitrice stava cercando di aprire lo sportello, però, la sua espressione mutò molto velocemente, incattivendosi.
    « Ehi, ragazzina! Allontanati da lì! » le ringhiò. Quella spalancò gli occhi, staccandosi dal finestrino, fissandolo con una faccia colpevole. Aron le fece segno con la testa di togliersi di mezzo, e lei indietreggiò ancora un poco, lanciando baci muti alla ragazza dentro l'automobile, che sembrava non volerne sapere niente. A quel punto, il bodyguard rientrò, sedendosi al suo posto, poi mise in moto e partì, senza selezionare il percorso per il negozio di musica nel distretto dei Cacciatori: lo conosceva bene, visto che spesso ci aveva comprato accessori per le sue chitarre. Alzò gli occhi sullo specchietto, cercando di intercettare quelli della sua cliente super segreta, poi sorrise.
    « Fan moleste a colazione, signorina Anderson? » le chiese, sfoggiando il suo più bel ghigno furbetto. Non poteva credere di aver fatto pensieri sconci su una celebrità di quel calibro senza riconoscerla. Certe volte era proprio uno stupido.
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    Hella Anderson
    22 anni// Manipolazione e Controllo dei Ferormoni // Tentatori
    In piedi davanti allo specchio, con mano ferma Hella stava mettendo il suo rossetto preferito. Rosso, come lo smalto che tingeva le sue unghie. Era un rischio osare con un trucco marcato e così colorato quando si indossava un abito bianco e il tempo per prepararsi era agli sgoccioli, ma Hella Anderson non avrebbe di certo rinunciato al suo stile solo per il rischio di macchiare un vestito. Mal che fosse andata, si sarebbe cambiata e avrebbe scelto un altro abito. Con un gesto annoiato illuminò il display del cellulare: aveva ancora dieci minuti prima che arrivasse la vettura che la avrebbe portata in un negozio di dischi nel Distretto dei Cacciatori: c'era tutto il tempo per concedersi qualche imperfezione, sebbene ritenesse quell'eventualità remota e assai lontana da lei. Era talmente maniacale ed organizzata che la sua mente non poteva certo tollerare un simile imprevisto, soprattutto se causato da un suo errore. La sua ambizione era pressochè assoluta e finiva per influire sulla sua vita di tutti i giorni più di quanto qualcuno potesse aspettarsi. In molti credevano che il personaggio di Hella Anderson non fosse altro che un artificio, qualcosa di costruito ad arte dalla tentatrice per aumentare il suo successo. Del resto essere bella e impossibile, così fredda e distaccata e perennemente focalizzata su sé stessa, non aumentava forse l'interesse in chi la osservava da lontano? Era possibile, ma Hella in tutti quegli anni non aveva lavorato per mostrare al pubblico uno stereotipo recuperato dal passato della musica. No, quel carattere era il suo, nessuna macchinazione o manovra di marketing per vendere più biglietti dei concerti o più copie dei suoi dischi. Dall'altro lato, tuttavia, era altrettanto sincera l'umanità che Hella dimostrava con le persone che riuscivano ad entrare nella sua sfera personale, tra un impegno e l'altro di quella vita sempre in corsa. Indossando l'anello e la collana che le avevano regalato i suoi familiari, non poté non pensare proprio a loro. Gli Anderson la avevano adottata pur avendo già due figli: le avevano offerto una casa, salvandola dall'orfanotrofio e dandole ciò che da tempo le mancava: una famiglia. Ed era stato proprio il padre adottivo a spronarla ad inseguire la sua passione, quella che era nata durante i tour del suo vero padre. Era stato proprio Carlisle Anderson ad imporle una guardia del corpo per l'evento del giorno, suscitando una fredda reazione scettica da parte della giovane cantante. Durante il tour mondiale nessuno aveva insistito eccessivamente per occuparsi della sua sicurezza: sì, aveva avuto una o due guardie del corpo per scongiurare l'avvicinarsi di fan troppo esaltati o di malintenzionati, ma da quando era tornata nella Capitale, non era mai stato necessario avvalersi di simili figure. Hella si era abituata ai ragazzi e alle ragazze che la fermavano per strada per una foto o per un autografo e non si sentiva in pericolo, nonostante il tasso di criminalità non fosse poi così basso in alcune aree della città. Eppure, in quanto suo agente, Carlisle aveva insistito, sostenendo che, durante la sua assenza, le dinamiche della Capitale erano cambiate. Da una parte, aveva ragione: la nomina di Alyssa Crowley come Direttrice dei Cacciatori aveva cambiato le carte in tavola: se Lorenzo Plusher era stato una pedina abbastanza facile da manovrare per la Direttrice dei Tentatori, lo stesso non si poteva dire della nuova Direttrice, che aveva ricominciato con le incrusioni negli altri Distretti. Piccoli furti e atti di vandalismo, per il momento. Ma quanto tempo avrebbero impiegato i Cacciatori per organizzare offensive più incisive, anche a danno dei Tentatori che, fino a poco tempo prima, erano stati loro alleati?
    Così, alla fine, Hella aveva ceduto: sapeva che Lilian sarebbe stata parecchio contrariata se lei, mentre svolgeva un incarico che nulla aveva a che fare con il suo ruolo di Assistente, avesse subito qualche incidente. Ne sarebbe stata minata l'intera Congrega, anche se Lilian non fosse stata coinvolta. Eppure, faticava ad accettare quell'idea ma, scorgendo dalla finestra del soggiorno un'auto ferma sul ciglio della strada in attesa, si rassegnò all'inevitabile, uscendo dal suo appartamento e richiudendosi la porta alle spalle, subito dopo aver recuperato la giacca beige con cui avrebbe cecato di ripararsi dal freddo di quell'inverno che non sembrava volersene andare.

    Non aveva molto con sé: la sua borsa con i suoi pochi averi, gli inseparabili occhiali da sole e la giacca. Il resto era superfluo, considerato che anche la vettura e l'autista erano stati anticipatamente pagati all'agenzia che forniva il servizio da suo padre, così che nulla potesse andare storto. Ciò che Hella si chiedeva, tuttavia, non era tanto se sarebbe effettivamente successo qualcosa quel pomeriggio,q uanto piuttosto se colui o colei che la avrebbe accompagnata sarebbe stato in grado di fronteggiare eventuali minacce. Non che la tentatrice provasse innata diffidenza nei confronti di coloro che si mettevano a disposizione di personaggi famosi per dar loro protezione, ma sapeva quanto, in quei casi, la vita fosse un terno al lotto. Da quando Sallister era salito al potere, grazie all'iniezione del Siero i doni erano diventati la normalità. La varietà dei poteri acquisiti dall'umanità era pressochè infinita e non sempre coloro che erano incaricati di proteggere i diplomatici possedevano capacità in grado di contrastare quelle dei loro antagonisti. Dunque la tentatrice non poteva fare a meno di domandarsi se quella presenza non fosse solamente uno spreco di tempo: se si fosse rivelato un pirocineta e un idrocineta avesse cercato di annegarla, di che utilità sarebbe potuta essere la sua guardia del corpo?
    Con uno sbuffo, la donna aprì il portone dello stabile in cui viveva: notoriamente, Hella Anderson non era mai stata una donna ottimista, ma iniziare la giornata in quel modo era una pessima idea e lo sapeva bene. Se ne rese ancora di più conto quando, sentendo la voce di una delle ragazze del quartiere che più di una volta la aveva fermata per strada, anzichè fermarsi a salutarla affrettò il passo per salire sulla macchina, richiudendosi la portiera alle spalle senza esitare. Seduta silenziosamente sul sedile posteriore, protetta dai vetri scuri dell'automobile, non faticò a seguire la scena che ne seguì: il ragazzo che rappresentava la sua scorta per quel giorno intimò alla ragazzina di allontanarsi dall'auto e, non appena fu certo che non stesse tentando nuovamente di salire a bordo, mise in moto. Solo allora, Hella si tolse la giacca dalle spalle per posarla sul sedile vuoto accando al suo. Alle parole dell'autista, la tentatrice si sfilò gli occhiali da sole e ricerchò i suoi occhi nello specchietto dell'auto, prima di rispondergli "Non una novità. Ma questo improvviso cambio di programma ha guastato il mio umore" disse, mentre recuperava dalla borsa la custodia degli occhiali da sole per rinchiuderli all'interno. Non aveva idea di quando l'agenzia lo avesse avvisato di quel lavoro, ma Hella era stata informata relativamente tardi. Suo padre la aveva cercata il giorno prima ma, tra un impegno e l'altro, Hella non era riuscita a parlargli. Di conseguenza, si era messa in contatto con lui quella mattina, scoprendo praticamente all'ultimo che sarebbe stata accompagnata a quell'incontro da uno sconosciuto. Avrebbe dovuto trascorrere parecchie ore con i suoi fan, firmando le copie del suo ultimo album e rispondendo alle loro domande e non voleva rischiare di trattarli male a causa di un ingiustificato nervosismo provocato da inutili paranoie che suo padre le aveva messo in testa. Per questo cercò di non soffermarsi troppo su quel dettaglio. "Posso sapere il suo nome?" domandò dunque, cercando di rilassarsi, mentre rivolgeva lo sguardo fuori dal finestrino, per osservare le vie della Capitale che sfrecciavano veloci davanti ai suoi occhi.
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    Aron Power
    28 anni // auto-guarigione // Protettore
    Aron era raramente di cattivo umore. Certo, anche lui a volte si svegliava con la luna storta, ma solitamente gli passava nel giro di qualche ora -e soprattutto grazie al cibo. Se Aron era triste o nervoso significava che qualcosa di particolarmente grave era accaduto a lui o alla sua famiglia, o che magari il lavoro non stava procedendo alla grande. Il suo problema principale era credere che anche tutto il resto del mondo la pensasse allo stesso modo: aveva incontrato un sacco di persone intrattabili al mattino, ma poi era sempre riuscito a cavarsela in qualche maniera. Sì, perché Aron era quello che si svegliava già pimpante e che era sempre pronto a far festa, mentre il resto dell'umanità era solito vegetare fino all'ora di pranzo, aggirandosi come uno zombie alla ricerca matta e disperata del caffé. Senza contare che, ovviamente, c'erano persone che se si svegliavano male, poi non riuscivano a far andare bene la giornata neanche se ci provavano con tutte le loro forze. Hella gli era parsa uno di quei casi: l'aveva soltanto intravista, preso com'era stato a scacciare quella fan impazzita, ma dallo sguardo che lei aveva rivolto alla tizia aveva più o meno capito che sarebbe stato complicato interagire con lei. O forse no: chiaramente, non aveva il Dono dell'empatia, dunque poteva anche essersi sbagliato sul suo conto. A primo impatto, coperta da quegli occhialoni da sole e tutta in tiro, gli era parsa la tipica vip che si elevava cinquanta metri sopra gli altri e faceva sapere a chi le stava intorno che non l'avrebbero raggiunta neanche con un jetpack incollato al sedere. Le avrebbe comunque concesso il beneficio del dubbio, ovviamente: non era solito dare retta agli stereotipi -seppur credesse che spesso fossero decisamente azzeccati.
    Nemmeno quando le parlò sembrò scomporsi troppo: si tolse la giacca, appoggiandola con delicatezza sul sedile, poi incontrò il suo sguardo nello specchietto: era annoiato, quasi scocciato. Gli rispose dicendogli che le fan moleste non erano una novità, ma quell'episodio aveva certamente guastato il suo umore. Aron, più divertito che infastidito da quella risposta quasi scontata, arricciò le labbra ed annuì, guardando la strada e mettendo la freccia per girare. Mentre muoveva il volante per svoltare a destra, sulla sua faccia si materializzò un'espressione decisamente divertita che il ragazzo cercò di nascondere in ogni modo, pensando bene di prendere un bel respiro. Doveva farla finita: non era così buffo, dopotutto. Se lo sarebbe dovuto aspettare. Forse ciò che lo faceva più ridere era sapere che, in un certo senso, l'aveva inquadrata con qualche secondo e ci aveva azzeccato. Ormai non era difficile per lui capire le persone, considerando che spesso doveva anticiparne i movimenti, ma era sempre divertente scortare gente che aveva la possibilità di sentirsi così superiore. Aron si riteneva un idiota, perché era più facile che si facesse mettere i piedi in testa da qualcuno piuttosto che facesse valere le sue ragioni. Non era un bene essere totalmente alienati dal resto del mondo, ma non lo era neanche fare lo zerbino, insomma. Fortunatamente, comunque, il traffico lo distrasse, e smise di sogghignare piuttosto in fretta: in quel quartiere bisognava avere cento occhi attenti, altrimenti le macchine che sbucavano all'improvviso avrebbero avuto la meglio. Senza contare che stava portando una persona importante, e che non avrebbe voluto indispettirla ancora di più, considerando l'indole poco pacifica. Aron, dunque, non le chiese nient'altro, e continuò a guidare come se nulla fosse. Fu la Anderson a chiedergli come si chiamava, attirando la sua attenzione: il ragazzo cercò il suo sguardo nello specchietto, ma non lo trovò. Tornò dunque a fissare la strada, mantenendo però il suo sorriso cordiale ed allegro che innervosiva il novanta percento delle sue conoscenze.
    « Mi chiamo Aron Power, signorina Anderson, e può darmi del tu. » le rispose. « Sicuramente avrà sentito parlare di me: sono il bodyguard più bello, simpatico e modesto dello Stato. » scherzò, allargando il sorriso e cercando nuovamente gli occhi grandi della sua interlocutrice. Probabilmente l'avrebbe innervosita ancora di più, ma non sempre era in grado di frenare il suo lato più idiota.
    « Scherzi a parte, ammiro molto la sua musica. » le rivelò, facendo un po' il provolone.
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    Hella Anderson
    22 anni// Manipolazione e Controllo dei Ferormoni // Tentatori
    Hella osservò l'auto partire senza sentire troppi rimorsi. Non era il tipo di persona che si ritrovava spesso a piangere sul latte versato; al contrario, cercava di affrontare le conseguenze delle sue azioni in maniera matura e, per quando possibile, con obiettività. Sapeva che quel suo atteggiamento avrebbe potuto portare a risvolti negativi, specialmente se la giovane fan si fosse offesa. Avrebbe potuto farle pubblicità negativa, ma la ragazza riteneva che il tutto si sarebbe dissolto comunque in fretta. Fare un caso mediatico sui social network non era poi così complicato e gli "haters" non avrebbero impiegato molto per cogliere la palla al balzo e tentare di metterla in cattiva luce. Da lì in poi, probabilmente i suoi fans si sarebbero sollevati in sua difesa e i tafferugli si sarebbero ben presto estinti, nella peggiore delle ipotesi. Tuttavia, Hella era fiduciosa: sin dall'inizio della sua carriera non era mai stata particolarmente espansiva e i suoi fan ne erano consapevoli; di conseguenza le sembrava assai improbabile che quella ragazza, che per giunta abitava nel suo stesso quartiere e aveva innumerevoli occasioni per incontrarla, potesse scatenare un simile putiferio solo per un mancato saluto. In ogni caso, la incuriosiva la piega che avrebbero potuto prendere gli eventi: le piaceva osservare le reazioni delle persone, così diverse le une dalle altre. Forse era una conseguenza del suo dono e delle innumerevoli applicazioni che poteva farne o, più semplicemente, della sua vicinanza a Lilian.

    Con un gesto misurato e composto, proprio della sua persona - che senso avrebbe avuto controllare ogni sua mossa ora che era in quella macchina, al riparo da sguardi indiscreti? - posò il gomito contro la portiera e sfruttò la mano sinistra per tenere sollevata la testa mentre continuava a guardare fuori, noncurante del fatto che, a seguito della sua domanda, l'uomo alla guida avrebbe potuto cercare di osservarla attraverso lo specchietto retrovisore. Non aveva mai avuto problemi ad essere osservata: gli anni trascorsi in orfanotrofio la avevano temprata. Le famiglie che erano passate a guardarla, scegliendo poi di non adottarla perchè già troppo grande erano state molte, più di quante Hella potesse ricordare. Eppure non si era mai tirata indietro: era figlia di musicisti e aveva già avuto modo di conoscere il palcoscenico, sebbene guardandolo, quasi sempre, da dietro le quinte, prima di ritrovarsi senza una famiglia. Così, una volta intrapresa la carriera di cantante, un passo alla volta, non aveva faticato ad affrontare le luci della ribalta: sapeva, sebbene solo a grandi linee, che cosa la aspettava. Forse era anche per quello che quel mondo non la aveva cambiata poi così tanto e, guardando indietro, Hella non poteva che essere felice della Congrega che aveva scelto. Le sembrava la più adatta per affrontare la carriera che aveva scelto. Sapeva perfettamente che molte persone cercavano di avvicinarsi a lei solamente per sfruttarla come trampolino di lancio e poche erano le persone che, al contrario, si approcciavano a lei con disinteresse e solo per il mero desiderio di conoscerla. Tuttavia, essendo una Tentatrice, Hella aveva imparato a leggere le persone; forse non era abile come altri suoi conoscenti, ma la sua appartenenza a quella Congrega le aveva dato la possibilità di conoscere le basi per poter affrontare quel mondo pieno di lustrini e menzogne.
    Arricciò leggermente le labbra per reprimere un sorriso nel sentire la risposta proveniente dal posto di guida, prima di voltare leggermente la testa per osservarne la linea delle spalle, per quel poco che poteva notare dalla posizione in cui si trovava. "Temo di essere poco informata sui bodyguard" replicò con voce pacata, molto più rilassata rispetto a poco prima, quando aveva posto la sua domanda "E' la prima volta che me ne affiancano uno. Lieta di avere con me il meglio sulla piazza" concluse, e sebbene il suo tono non sembrasse scherzoso, quanto piuttosto stranamente serio, la sua affermazione voleva essere, a suo modo, ironica. Lo spiacevole episodio di poco prima era già stato archiviato sul fondo della sua mente, passato in secondo piano rispetto al desiderio di comprendere con chi aveva a che fare: non aveva mai avuto modo di interagire con qualcuno che si occupava della sicurezza delle persone così da vicino, dunque voleva sfruttare l'occasione. Un lampo, per un istante, attraversò i suoi occhi nel sentire quell'ultima affermazione. Così, complice un semaforo rosso, Hella si sporse leggermente in avanti, portando il viso accanto al poggiatesta del guidatore "Interessante" commentò vaga, tamburellando le dita sul sedile, in un silenzioso invito a proseguire la conversazione, argomentando quell'affermazione.
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