Clockwork Doll

Pista per skateboard | Cassandra e Peter

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    Cassandra Sheppard
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    La primavera era alle porte: presto l'Inverno sarebbe scomparso lasciando spazio ad un nuovo tepore. Con la bella stagione, sarebbero iniziati anche i nuovi campionati e i suoi allenamenti si sarebbero fatti più intensi. Dopo le due vittorie portate a casa agli ultimi campionati, Cassandra sapeva di non potersi adagiare sugli allori solo perchè aveva ottenuto, oltre a due primi posti, anche il suo personale record stagionale: non solo perchè tutti si aspettavano che lei desse il massimo anche nel campionato successivo, ma anche e soprattutto perchè era nella sua natura dare il massimo, puntare in alto e spendere il cento per cento delle proprie energie. La giovane Insicura non era mai soddisfatta, mai sazia: migliorare, migliorare e ancora migliorare, quelli erano i suoi obiettivi. Era sempre stata fortemente autocritica in campo sportivo, sin da bambina, sin da quando aveva deciso che quello sport non sarebbe stato solo un passatempo ma qualcosa di più. Arya, solitamente, la prendeva in giro: le diceva che se si fosse applicata avrebbe potuto superarla in un battito di ciglia, in virtù anche del suo dono, di quella supervelocità che aveva sviluppato con un anno di anticipo, ma Cassandra non lo credeva possibile. Il pattinaggio non era solo una questione di tecnica: era anche cuore, emozioni, passione e sua sorella non era portata per quel genere di cose. Non che fosse un automa, ma era troppo irrequieta, iperattiva e indisciplinata, a suo parere, per quello sport, anche se Cassandra avrebbe scommesso che, pur di farle un dispetto, sua sorella si sarebbe anche potuta applicare. Ma la passione, quella credeva che non sarebbe riuscita a trovarla, perchè le cose le venivano a noia troppo in fretta e quello le avrebbe impedito di ottenere i suoi stessi risultati. O, almeno, ci sperava: sarebbe stato particolarmente svilente per lei ritrovarsi ad essere sorpassata da Arya se sua sorella lo avesse fatto solo per farle un dispetto. Se invece sua sorella minore fosse diventata più brava di lei nel pattinaggio su rotelle perchè davvero amava quello sport, la giovane Insicura sarebbe stata solo contenta per lei.

    Con un sospiro, allontanò quei pensieri dalla testa mentre, seduta su un gradino, fissava gli skaters che sfrecciavano sulla loro pista dedicata facendo trick e acrobazie incuranti del fatto che sarebbe bastato mettere un piede in fallo per cadere. Quel parchetto dotato di piste per gli skaters aveva, tra i giovani Insicuri, un nome: Le Rampe. Era un nome banale, ma per gli studenti dell'Accademia quel parchetto era un luogo di ritrovo: non era distante dalla struttura e in molti vi passavano i pomeriggi di bel tempo, quando il sole faceva passare la voglia di studiare. Una giornata come quella: il cielo era in parte ancora velato e colorato dei tipici colori invernali, ma un timido sole aveva fatto capolino e sembrava promettere bene. Cassandra aveva concluso gli esami e mancava una settimana all'inizio delle lezioni, dunque si era concessa la possibilità di prendersi una giornata di pausa dalla sua solita routine, visto e considerato che il suo Allenatore quel pomeriggio non avrebbe potuto seguirla, dato che doveva occuparsi di faccende inerenti alla Congrega dei Tentatori, quella di cui faceva parte. Così Cassandra non si era recata nel Distretto limitrofo e, al contrario, era andata alle Rampe per svagarsi un pò. Sebbene quel parchetto fosse pensato apposta per gli skaters del Distretto, questi ultimi non si erano mai lamentati della presenza di Cassandra e di altri pochi pattinatori, che generalmente occupavano la parte centrale della pista, quella più in piano, per allenarsi; qualcuno tentava anche le discese dalle piste degli skaters con i pattini, facendo acrobazie che Cassandra non sarebbe stata in grado di riprodurre nemmeno dopo lunghi allenamenti: una cosa erano le sue coreografie, con i suoi salti controllati, un'altra era lanciarsi giù da una pista con il rischio di atterrare male da una caduta di diversi metri: una infortunio simile avrebbe significato compromettere una carriera non ancora iniziata. "Arya lo farebbe" pensò, sospirando di nuovo. Da dove arrivavano tutti quei pensieri pieni di sconforto? Cosa le stava succedendo negli ultimi tempi? Aveva vinto un campionato, era stata brava, perchè non riusciva a godersi quel momento, perdendosi nei "se" e nei "ma"? Forse era proprio colpa di quello che era successo quella sera di qualche mese prima, durante la gara. A quel pensiero, le sfuggì un nuovo sospiro. Quando si era accorta della presenza di Adrian alla gara, si era sentita risollevata: quando lo aveva invitato ad andarla a vedere non pensava seriamente che il giovane Cacciatore potesse presentarsi. Invece, come Sally aveva preventivato, Adrian si era presentato al campionato e aveva guardato le sue esibizioni; per parlare con lui, tra una gara e l'altra, la giovane Insicura aveva persino rischiato la squalifica, portandolo negli spogliatoi con sé per potergli parlare con calma prima dell'inizio della seconda gara e ciò che aveva scoperto l'aveva destabilizzata non poco, anche se visto che Adrian era un Cacciatore, un pò se lo sarebbe dovuto aspettare. Tuttavia una parte di lei aveva sperato che le cose andassero diversamente e che lui non volesse solamente sfruttarla e invece... Scosse il capo e si alzò in piedi, sicura nonostante i pattini ai piedi, mentre portava il suo zaino in un angolo assieme a quelli degli altri skaters: li ammucchiavano sempre in un angolo della pista, così che potessero tenerli d'occhio: alle Rampe nessuno rubava le cose degli altri e si controllava tutti assieme che facce sconosciute non rubassero gli averi dei presenti. Era una mutua collaborazione che Cassandra trovava positiva. Una collaborazione diversa da quella che le aveva chiesto Adrian. Il giovane Cacciatore le aveva chiesto di avvelenare il suo flauto di pan per evitare che qualcuno potesse rubarglielo e impedirgli di difendersi e la giovane Insicura si era ritrovata a non sapere cosa fare. Da una parte voleva aiutare Adrian che, vivendo tra i Cacciatori, sicuramente si sarebbe trovato in pericolo - prova ne era quello che era successo a loro due nei condotti della metropolitana abbandonata e la ferita che si era procurato il ragazzo alla gamba tra il loro primo incontro e la gara di pattinaggio - ma farlo avrebbe anche significato fare del male ad altre persone e lei non voleva usare il suo dono per qualcosa del genere. Inoltre Adrian non era immune al suo veleno e, prima di poter avvelenare il ragazzo, avrebbe dovuto trovare un modo per impedire che il veleno danneggiasse anche lui ogni qualvolta che usava il flauto. "In che guaio mi sono cacciata?" pensò mentre si fermava in mezzo alla pista, salutando con una mano un paio di ragazzi che vedeva spesso lì, prima di iniziare a muoversi per provare una nuova coreografia. Non aveva avuto tempo di parlare con Sally di quella questione e non sapeva come comportarsi: aveva paura di coinvolgerla in qualcosa di troppo grande e pericoloso, a tal punto che non le aveva detto neanche della morte dell'uomo ratto. Parlarne con i suoi genitori era fuori discussione e anche con i suoi fratelli sarebbe stato problematico: erano un Protettore e un Salvatore e anche se erano di mentalità molto aperta, aveva paura che non capissero o che magari le dessero della stupida. Sospirò di nuovo, fermandosi prima ancora di tentare un semplice salto: cosa le stava succedendo? Perchè Adrian la portava a dubitare persino della sua famiglia che si era sempre dimostrata comprensiva e pronta a supportarla in tutto e per tutto? Non andava bene, non andava bene per niente. Avrebbe dovuto parlarne con Sally il prima possibile. Con quei pensieri per la testa, tornò al suo zaino e si tolse la sciarpa per lasciarla lì, prima di tornare in pista, nella speranza che il pattinaggio potesse liberarle un pò la mente da quei cupi pensieri.
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    Eccomiiiii! Finalmente ci sono riuscita! Perdona se il post è un pò (tanto) introduttivo, ma l'ultima role di Cass (che è ancora in corso) è abbastanza vecchiotta e dovevo fare il punto della situazione xD Se qualcosa non ti piace, basta dirmelo che edito!
     
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    Peter "Hodiak" Graham
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    Peter Hodiak.
    Un cinico ghigno mi era comparso sul volto ripensando al vecchio me, quello rinchiuso in sè stesso e nel suo dolore, che per quanto volessi tentare di nascondere era ancora lì a ricordarmi quanto facesse male. Era quello che avevo scelto di non essere più e da quando avevo preso il nome di Peter Graham dovevo dire di esserci riuscito abbastanza bene. Avevo sepolto quella parte di me nei meandri della mia anima cercando di restarne lontano quanto più possibile, perchè era sin troppo doloroso ripercorrere il mio passato. Gli Hodiak erano sempre stati una bella famiglia ed ero sempre stato felice di essere uno di loro fin quando, crescendo non avevo realizzato che "Noi", Hodiak da parte di Kyle non eravamo poi tanto perfetti come gli altri ci vedevano. A tutti potevamo sembrare una famiglia esemplare, quella in cui non ci sono mai discussioni, che va avanti coesa e unita contro tutto e tutti. Era solo una maschera, una parvenza costruita da mio padre per chi ci circondava e ci guardava dall'esterno, qualcosa che potesse far parlare di noi come un esempio. Riminiscenze passate mi riportavano a ripensare sempre al continuo mettermi in competizione con Ben, mio fratello maggiore. Non avevo mai vissuto bene questo metterci continuamente l'uno contro l'altro da parte di mio padre. Ma a quanto pare a lui, il "sergente di ferro" l'idea non dispiaceva, e vedere Ben trionfare a mio discapito era un'immagine che non lo disturbava affatto. Anzi, pareva lo facesse stare ancora meglio. L'essere perfetti comportava un carico di pressione molto elevato, niente poteva essere trattato con leggerezza e in tutto quello che facevamo mio padre pretendeva che fossimo i migliori, emergere.. Primeggiare, Sempre e Costantemente. "Sei un buono a nulla Peter, non sarai mai nessuno. Sei un Hodiak, devi essere un esempio.. Guarda Ben! Non sarai mai come lui. Non sembri uno di noi!" . Ricordando quelle parole,in qualche modo il foglio di carta politenata che avevo fra le mani mi era scivolato cadendo sul pavimento. Stringendo la mia mano in un pugno, lo fissai riflettere le cupe luci rossastre dei neon che coloravano timidamente l'ambiente cupo della mia Camera Oscura. Respira Peter, domina la rabbia.. Respira. Lentamente avevo chiuso gli occhi alzando la testa verso l'alto, proprio come mi avevano insegnato all'Accademia avevo svuotato per un attimo la mente lasciando fluire l'aria nei polmoni lentamente e altrettanto piano poi l'avevo soffiata fuori, dovevo rimanere calmo e concentrarmi solo su quello. Ma quando ero solo e certe immagini mi ritornavano alla mente, la rabbia era qualcosa che faticavo a gestire bene. La Rabbia repressa, quello era un gran bel problema da risolvere e grazie alle lezioni di autocontrollo e gestione del potere, avevo il maggiore controllo su essa ed ero davvero bravo nel farlo. Ma come mi avevano spesso detto i miei insegnati: "la rabbia è un sentimento primitivo, che nasce dalla parte più selvaggia di noi stessi. E' un impulso che ti pervade in modo impetuoso e sta solo a noi cercare la forza per tenerla a bada" e per me era vitale riuscirci. Flettendo sulle ginocchia mi ero abbassato recuperando il foglio di carta fotografica e lo avevo successivamente posato sul tavolo da lavoro posto sulla sinistra della stanza. Il locale in cui abitavo non era un buco, ma non era nemmeno una villa come quella in cui avevo sempre abitato. I primi tempi erano stati duri, ma adesso ci ero abituato, avevo trovato un mio piccolo angolo nel mondo fuori dalla piccola dittatura di Kyle Hodiak e questo mi stava già più che bene. Non avevo più rapporti con lui e tanto meno ne avrei voluti per quello che mi aveva detto dopo la cerimonia delle congreghe. Non scorderò mai quelle parole.. Mio figlio è morto. Qui, oggi. Tu sei solo un suo riflesso, uno sconosciuto e voglio che sparisci dalla mia vista. Adesso. Un piccolo sorriso era nato dall'incurvarsi delle mie labbra, un sorriso che mescolava l'amarezza per un gesto del genere e la vera felicità per l'essersi distaccati da una situazione come quella che vivevo da diciotto anni. Appese su fili metallici posti ad X nella piccola camera oscura che avevo costruito nel mio appartamento, c'erano alcuni fogli, foto che avevo scattato qualche settimana prima e adesso erano lì sospese nell'aria nell'attesa che su di loro comparissero immagini che le avessero rese piccole gocce di vita. Perché, dopotutto non sono questo le foto? Piccole gocce che raggruppate formano il grande mare della nostra vita. Mi era sempre piaciuto pensare alle fotografie in quel modo e per questo, cerco di scattare delle foto solo nel momento giusto.

    Sollevai leggermente il mento lanciando un'occhiata all'orologio, erano passate due ore da quando ero entrato in quella stanza, il ripensare a mio padre e alla mia precedente vita mi aveva leggermente innervosito e per questo quello che ci voleva era qualcosa in cui incanalare quelle brutte sensazioni, dovevo scaricare e per farlo bene avrei corso. Mi avvicinai agli interruttori posti su una parete leggermente rovinata, e dopo aver premuto quello per le luci, con pochi passi mi ritrovai davanti alla porta. Afferrai delicatamente il pomello in plastica nera e con una leggera rotazione del polso avevo aperto la porta, un raggio di luce in men che non si dica aveva tagliato in due la stanza e sfiorando il pavimento con passo leggero mi ero ritrovato nel piccolo corridoio che dava l'accesso alle altre stanze del mio appartamento. Dopo averlo percorso quasi come avessi i paraocchi, avevo avvistato la felpa nera della tuta che, con movimenti veloci avevo indossato e dopo essermi avvicinato al piccolo tavolino in vetro ch'era posizionato alla destra della porta d'entrata dove solitamente riponevo gli oggetti che solito mi portavo dietro, afferrai le chiavi e la piccola macchina fotografica. Infilai la macchinetta nel tascone della tuta e dopo essermi chiuso la porta alle spalle infilai la chiave e girai un paio di mandate. Riposi le chiavi nella tasca dei pantaloni, infilai gli auricolari nelle orecchie e mi assicurai che fossero collegati al lettore mp3 che avevo con cura inserito nella custodia a braccio, mentre scendevo le scale per arrivare al portone che mi avrebbe poi condotto fuori dal palazzo dove abitavo. Dopo aver premuto il tasto Play, i piccoli diffusori iniziarono a riprodurre la traccia da me selezionata e da lì iniziai la mia corsa. Era un qualcosa che mi piaceva fare durante l'allenamento, affidarmi alle sensazioni datemi dalla musica traendo da esse la giusta motivazione per tenere duro e non mollare. Lasciavo che il riff delle chitarre distorte mi desse la giusta carica per accelerare il mio passo che carezzava il suolo ma che allo stesso tempo imprimeva su di esso il giusto carico di forza per farmi andare più veloce. Tenevo lo sguardo fisso sulla strada, rimanendo attento comunque a quello che mi accadeva intorno, qualche automobile che popolava la strada oppure i ragazzini che giocavano a basket. Non abitavo in un quartiere popolato da persone benestanti, potevo definirlo un sobborgo uno di quei luoghi dove si tira avanti a campare, dove ogni singola cosa della vita anche quella più semplice e scontata per un bambino poteva essere considerata una grande cosa, un luogo dove l'arte di accontentarsi era purtroppo un dogma per poter andare avanti. Dopo essermi lasciato alle spalle il sobborgo e aver percorso un bel po' di strada mi ero diretto verso un luogo che gli adolescenti erano soliti frequentare, Le Rampe. Rallentando progressivamente il mio passo, iniziai ad intravedere dei ragazzi che si esibivano in acrobazie con i loro skate e ormai avevo perso il conto di quante volte mi ero fermato lì per fotografarli. Doveva essere una bella sensazione librarsi in aria anche se per pochi secondi e sentirsi sospesi in essa per poi esser presi dall'adrenalina che ti riportava ad atterrare. Ovviamente era molto rischioso ma forse non era anche quello il divertimento? Una volta fermo, salutai uno dei ragazzi con un cenno della testa e dopo aver tirato fuori la macchinetta, l'avevo portata vicino al volto facendo in modo che il mirino si allineasse perfettamente con il mio occhio. Per me era ormai una cosa naturale "osservare" il mondo attraverso quel piccolo rettangolo di vetro, lo facevo da anni. Posizionavo la macchina fotografica nella giusta posizione e poi "cercavo" attraverso di essa cosa poter impressionare sulla pellicola. Seguivo i movimenti che mi circondavano, in questo caso lo avevo fatto con un paio di ragazzi che si erano lanciati in qualche posa, chi alla fine della rampa.. Chi In aria, ma nessuno di loro mi aveva spinto a premere il pulsante di scatto. Continuavo a cercare quando la vidi, in tutta la sua naturalezza. Cassandra Sheppard, faceva parte della mia congrega ma oltre a qualche saluto in giro non avevamo mai scambiato nemmeno due parole. Sembrava assorta nei suoi pensieri, la luce era quella giusta e in quel momento fissando i suoi occhi attraverso l'obbiettivo avevo scattato. Oggi era stata lei, lei era stata un'immagine sincera che senza alcun filtro avevo ritratto nella sua semplicità.
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    Ed ecco il mio primo post, spero ti piaccia :)
    Spero vada tutto bene, se ho scritto qualcosa che non va.. Fammi sapere che edito subito! <3
     
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    Cassandra Sheppard
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    Essere uno Sheppard non era né facile né difficile: era la giusta via di mezzo. In una società classista come quella di Sallister, essere una famiglia numerosa poteva portare a grossi conflitti interni, poichè era assai difficile che così tante personalità eterogenee scegliessero la medesima Congrega ma, nel caso degli Sheppard, quello non era mai stato un problema. La mentalità aperta della famiglia aveva fatto si che la Congrega passasse in secondo piano: ciò che contava, era la famiglia, nonostante valesse la legge del La Congrega prima di tutto. Per la famiglia di Cassandra, infatti, quella regola era da intendersi come un invito a seguire i dettami della propria Congrega, ma ciò non significava necessariamente scontrarsi con le altre: in fondo, il Governatore aveva portato un periodo di pace e prosperità, non vi erano guerre in corso, dunque come si poteva pensare che una simile affermazione stesse a significare che si sarebbero dovute combattere lotte fratricide? Per questa ragione, essere uno Sheppard non era complicato: potevi essere te stesso, sentirti libero di scegliere una Congrega piuttosto che un'altra e nessuno ti avrebbe giudicato, nessuno ti avrebbe escluso: la tua famiglia ti avrebbe sempre e comunque accolto a braccia a aperte; ma, nel contempo, era anche un tuo diritto andartene se lo desideravi. Per quella ragione, durante la Cerimonia, Cassandra non si era sentita in dovere di scegliere i Tentatori, fazione dei suoi genitori, piuttosto che i Protettori o i Salvatori, le Congreghe scelte dai suoi fratelli. Riconoscendo quanto forte ancora era il dubbio dentro di lei, la giovane pattinatrice aveva scelto di camminare sino a posizionarsi dietro Benjamin Force, il Direttore degli Insicuri predecessore di Adam Miller, recentemente eletto dopo che il suo predecessore aveva lasciato la carica rassegnando le dimissioni. Dall'altro lato, tuttavia, in una famiglia così numerosa spiccare, distinguersi, era sempre complicato e trovare la propria strada non era sempre così semplice. Cassandra, per fortuna, non aveva avuto alcuna difficoltà, poichè il suo sentiero si era rivelato già tracciato sin dalla più tenera età. Era stata sua nonna a regalarle i suoi primi pattini, colei da cui era nato tutto e da cui era scaturita quella ferrea volontà che l'aveva portata addirittura a vincere un campionato. La giovane insicura non avrebbe mai ringraziato abbastanza la sua famiglia per averla sempre sostenuta e supportata in quell'avventura: non avevano mai cercato di tarparle le ali o di vanificare i suoi sforzi ed erano sempre stati pronti ad ascoltarla in momenti di dubbio o ansia. Persino sua sorella che tanto bonariamente la derideva, in più di un'occasione aveva dimostrato di avere a cuore quel suo sogno. Sì, forse Arya non lo dava a vedere e ad un occhio disattento i loro litigi sarebbero sembrati frutto di discrepanze inconciliabili, ma la verità era che le due sorelle si volevano bene. Vista la vicinanza d'età erano cresciute praticamente insieme e anche se gli screzi erano stati all'ordine del giorno, non erano mai stati poi così diversi da quelli che vi erano normalmente tra fratelli. Anche i maggiori degli Sheppard avevano bisticciato tra loro da bambini, ma vi era sempre stata una sana competizone in famiglia: niente di più.

    Per quella ragione, Cassandra un pò si sentiva in colpa per aver pensato male di sua sorella e dei suoi atteggiamenti qualche minuto prima: anche se di poco, lei era la sorella maggiore e avrebbe dovuto dare il buon esempio ed evitare di dare corda ad Arya poichè era questo che la alimentava principalmente, istigandola a proseugire nelle sue punzecchiature e con le sue frecciatine. "Per la verità, lo fa anche se la ignori" pensò sospirando... e, a dirla tutta, in certe occasioni ignorarla produceva ancora più danni. Ma Arya era parte della sua famiglia e Cassandra non sarebbe mai riuscita ad odiarla davvero, anche se spesso la faceva innervosire. No, era troppo buona odiare qualcuno... non riusciva ad odiare nemmeno Adrian. Forse però in quel caso, era dovuto al fatto che Cassandra non riusciva nemmeno a comprendere Adrian: cosa si nascondeva dietro quegli occhi verdi? Quel sorriso così particolare, così simile ad un ghigno ferino, quali misteri nascondeva? L'insicura non poteva dire di conoscerlo. Lo aveva visto in poche occasioni e si era rivelato sin da subito un ragazzo particolare e forse era per quello che non era riuscita a comprenderlo appieno. Inizialmente, aveva creduto di poter attaccare facilmente bottone con lui, così come facevano tutti: del resto aveva danzato sulle note del suo flauto e lui le aveva inviato la sua ombra a danzare con lei. Poteva essere stato un caso, un semplice gioco, ma quel pomeriggio lei ed Adrian avevano appurato quanto pericoloso potesse essere giocare con le ombre di animali e persone e Cassandra era convinta che il Cacciatore conoscesse già quel dettaglio, visto che su di esse si basava il suo dono. Dunque non riusciva a spiegarsi per quale ragione egli avesse mandato la sua ombra a danzare con lei in maniera così sconsiderata se non per socializzare, poichè lei non credeva che Adrian avrebbe compiuto anche solo una mossa azzardata. No, di questo era abbastanza sicura: il Cacciatore non avrebbe mai agito in maniera imprudente. Eppure, non capiva cosa aveva rappresentato quel pomeriggio nel Distretto dei Cacciatori per il suo coetaneo. Perchè, di tutte le cose che avrebbe potuto chiederle, quando si erano rivisti le aveva domandato proprio di avvelenare il suo flauto? Dunque solo quello Adrian aveva salvato di quel pomeriggio? Il suo dono così nefasto, di cui Cassandra aveva ancora un pò paura, solo questo importava? E lei, a seguito di ciò, cosa voleva salvare di quell'assurda relazione con il Cacciatore? Poteva definirlo un suo amico? Uno sbuffo accompagnò il primo salto di Cassandra alle Rampe; un salto impreciso, indegno delle sue capacità, il cui atterraggio non fu dei migliori e la costrinse a posare una mano a terra per non perdere l'equilibrio e riprendere la posizione. Sempre sbuffando per quell'errore, Cassandra tornò in posizione per ritentare: trovava frustrante avere ancora la melodia inventata da Adrian qualche mese prima che le risuonava nelle orecchie; il suono di quel flauto di pan era diventato quasi un'ossessione... così come quell'ombra. Ne aveva avuto la conferma proprio da Adrian: la sua ombrala seguiva. Non sempre, ma a volte sì, animata forse proprio da quella melodia tribale sulle cui note Cassandra aveva danzato... e non era sicura che la cosa le piacesse. Da un lato poteva essere letta come una lusinga ma, dall'altra, le faceva paura. Aveva visto cosa poteva fare quell'ombra e una parte di lei temeva che Adrian potesse decidere di ucciderla a distanza. Un brivido attraverò la sua schiena a quel pensiero, proprio mentre atterrava dal nuovo salto; questa volta, tuttavia, riuscì a mantenersi in piedi, ma si fermò quasi subito, portandosi una mano davanti al viso, quasi a volersi chiudere gli occhi. Doveva smettere di pensarci, fare come durante la seconda gara: estraniarsi dalla realtà. Perchè quel giorno ci era riuscita così bene, mentre in quel momento faceva così fatica? Probabilmente perchè non era in palestra. Sì, doveva essere quella al ragione: non era nel suo universo, nel suo microcosmo, ma ospite in casa altrui, perchè Le Rampe erano degli skaters. Inoltre, non era in gara, dunque non sentiva la pressione come durante una competizione e non esendo nemmeno partecipe di un vero e proprio allenamento, la sua mente non riusciva a focalizzarsi sulle questioni importanti e vagava senza sosta su pensieri differenti. Abbassando le braccia lungo i fianchi, salvo poi risollavarle per spalancarle del tutto, la giovane Insicura iniziò a roteare su sé stessa un paio di volte, assaporando la brezza sul viso: ecco, quei piccoli momenti erano i più preziosi, i più speciali: non le veniva difficile, trovare la gioia nelle piccole cose. In quella, uno skaters le passò vicino, agitando un braccio in segno di saluto e, per un istante, Cassandra pensò che quel gesto potesse essere rivolto a lei ma poi, voltandosi, scorse un ragazzo al limitare della pista con una macchina fotografica tra le mani. Lo aveva già visto da quelle parti e in giro per il Distretto, ma non avevano mai parlato a lungo e Cassandra doveva ammettere di non ricordare nemmeno il suo nome con precisione; forse nessuno li aveva mai realmente presentati, ma aveva udito solo altre persone chiamarlo per nome. Siccome i suoi piedi non volevano saperne di farle portare a termine la coreografia nella maniera corretta, Cassandra tornò al suo zaino per recuperare una bottiglietta d'acqua, prima di avviarsi rapidamente verso il fotografo: era sempre lì ma la ragazza non aveva mai visto nessuno fermarsi a parlare con lui per più di qualche minuto e lo trovava fondamentalmente sbagliato. "Ciao!" esordì, fermandosi davanti a lui, sebbene leggermente spostata sulla destra così da lasciargli la visuale libera per scattare eventuali fotografie "Anche oggi foto di skaters?" domandò sorridendogli, indicando con un cenno del capo un punto impreciso accanto a lui "Ti do fastidio se mi siedo qui per un pò?" concluse, aprendo quindi la bottiglietta d'acqua per bere un sorso, mentre attendeva una risposta.
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    Aaaaa Peter asolta i Linkin Park ** Bravo ragazzo!
     
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    Insicuro.
    Era quella la parola che più di tutte definiva il mio modo di essere da qualche anno a questa parte e considerando il mio passato non poteva che essere così. Essere un insicuro non significava però esserlo su tutto, infatti ero felice ed entusiasta della scelta che avevo fatto di abbandonare quella che era stata la mia famiglia per crearmi una vita del tutto mia e soprattutto ero felice di non sentire più su di me l'asfissiante pressione di quella competizione che mio padre ci aveva caricati. I primi momenti da solo nella mia congrega non erano stati affatto facili, ero arrabbiato e pieno di collera, non sembravo nemmeno un insicuro. La prima persone che mi era avvicinata era stato colui che poi sarebbe diventato il mio compagno di stanza nel dormitorio: Thomas Chesney, per gli amici Tommy. Le prime parole che mi aveva rivolto erano state: "Su amico, vedrai che la loro mancanza si attenuerà appena le loro figure spariranno da questo posto". In quel momento gli avrei risposto che non aveva capito nulla di quello che mi passava per la mente, se c'era una cosa che volevo era proprio che la figura di Kyle Hodiak sparisse dalla mia vita e che probabilmente l'unica che mi sarebbe mancata della mia famiglia sarebbe stata mia madre. Avevo vissuto per buona metà del tempo passato in accademia nel dormitorio nella stanza 216, insieme a Tommy che era esattamente l'opposto di me. Io ero sempre stato ordinato e taciturno, lui era un chiacchierone disordinato. Ma questo non aveva ostacolato la nostra amicizia. Dopo qualche annetto avevo iniziato a fare qualche lavoretto che conciliasse la mia passione per la fotografia a qualche piccola somma di denaro e perchè no anche a qualche credito bonus per l'Accademia. Avevo collaborato alla realizzazione dell'Annuario Scolastico che periodicamente si realizzava per ricordare gli studenti che primeggiavano in qualsiasi campo, per celebrare i loro trionfi e che probabilmente avevano qualche possibilità in più per diventare qualcuno. Io mi ero offerto di occuparmi delle foto della mia congrega, per questo potevo dire di conoscere un bel po' di persone ed ero stato molto felice quando avevo appreso che Adam Miller era diventato uno dei Direttori. Dopo aver risparmiato abbastanza, avevo preso il piccolo appartamento dove tutt'ora vivevo e cercavo di pagare l'affitto collaborando come fotografo free-lance con qualche rivista e anche facendo qualche mostra di tanto in tanto. Quello che le mie foto volevano mostrare era come la naturalezza delle persone o delle cose potesse essere valorizzata attraverso dei semplici scatti, privi di filtro digitale, infatti a differenza di ciò che i tempi odierni potevano offrire io utilizzavo ancora una macchina fotografica analogica.

    Era quello il motivo per cui mi trovavo lì oggi e l'unica che mi aveva spinto a scattare una foto era stata Cassandra. L'avevo vista roteare su sé stessa, avevo anche notato come prima avesse provato qualche salto e la sua espressione insoddisfatta dopo l'aver toccato terra. Dopo tutto il tempo passato ad osservare le persone attraverso un piccolo vetrino , avevo sviluppato una certa abilità a captare cose del genere, avrei quasi potuto chiamarla "deformazione professionale". Con il mirino poi, mi ero spostato sulla destra e avevo osservato qualche altro skater intento in qualche evoluzione, ma nulla che valesse la pena immortalare. Avevo spostato la macchina fotografica dal volto per portarla all'altezza della bocca dello stomaco, guardavo gli skaters e mi domandavo semmai io fossi riuscito per una volta a provare le sensazioni che loro provavano quando si esibivano su una semplice tavola. Per quanto potesse sembrar semplice il solo camminare in avanti con un affare del genere potevo assicurare a chiunque che non era affatto così. Ricordavo quando una volta insieme a Tommy eravamo andati alle Rampe. Skateboard alla mano eravamo arrivati lì convinti che ce l'avremmo fatta, ci sentivamo in grado di spaccare il mondo.. Ma effettivamente, l'unica cosa che alla fine avevamo guadagnato oltre all'amaro sapore della sconfitta erano state un bel po' di escoriazioni. Ricordo che eravamo stati in infermeria per un'oretta per esser medicati a dovere, io ero stato il primo e una volta uscito, Tommy con una delle sue sonore risate mi aveva detto che sembravo una mummia. Sorridendo mi ero riportato la macchina fotografica al volto alla ricerca di qualcosa da fotografare, ma ero davvero scoraggiato. "Ciao!" Una voce femminile aveva interrotto la mia breve ricerca, mi ero voltato verso di lei scostando temporaneamente la macchina fotografica dal volto e con una leggera sorpresa mi ero ritrovato davanti proprio Cassandra. Per un paio di secondi ero rimasto in silenzio, poi avevo definitivamente lasciato che la mia fedele compagna di viaggio scivolasse sul mio petto e avevo risposto a Cassandra, non volevo sembrare scortese. ..Ciao.. Il tono della mia voce era stato leggermente insicuro, poi portandomi una mano fra i capelli, avevo accennato un lieve sorriso. "Anche oggi foto di skaters?" Con un cenno del capo, mi aveva indicato la zona in cui i ragazzi cercavano di impressionarsi a vicenda, tentando delle figure sempre più complicate ma forse un po' troppo dato che nessuna di esse sembrava essere pulita abbastanza da sorprendermi. Già.. Ero stato breve e conciso. Forse troppo? Decisamente troppo. "Ti do fastidio se mi siedo qui per un pò?" Ero stato un orso. Evidentemente il mio atteggiamento le aveva fatto pensare di infastidirmi. Complimenti Peter.. Sei un Asso nelle Pubbliche Relazioni! Mi ero ritrovato a pensare tra me e me, e in effetti era vero.. Non ci sapevo fare con le persone. Ma no, figurati..non mi dai assolutamente fastidio. Anche se ho paura che potresti annoiarti..Cercai di non essere spigoloso nell'esprimermi, la guardai assottigliando leggermente il taglio dello sguardo. ..Come avrai notato sono un po' silenzioso quando sono con questa tra le mani.. La mia frase sarebbe continuata con "..E non solo quando scatto foto". Abbassai lo sguardo sulla mia Canon, per sollevarla leggermente indicando che mi riferivo ad essa, poi ritornai con lo sguardo sulla ragazza dai capelli rossi. Dovevo dire che avevo davvero apprezzato il fatto che si fosse fermata a rivolgermi la parola, cosa che quando ero alle rampe non faceva quasi mai nessuno. Riportai l'attenzione sugli skaters, niente, o forse no.. Il ragazzo che avevo salutato in precedenza aveva iniziato una lunga rincorsa, si era spinto in velocità alla fine della rampa e proprio prima di arrivare in cima era saltato dalla tavola proiettandosi ancora più in alto per poi ricadere su di essa mentre era in discesa. Avevo seguito tutta l'esecuzione attraverso il mirino e avevo scattato la foto nel momento in cui i suoi piedi avevano ritoccato la tavola. Forse dopo quella foto era meglio smettere per oggi e concentrarmi su qualcosa in cui magari potevo migliorare, i rapporti umani. Mi sa che per oggi può bastare.. Annuendo leggermente, avevo riposto la macchinetta nel tascone della tuta e mi ero avvicinato a Cassandra. Ho notato che ti stavi allenando prima.. Come va? Le avevo domandato mentre lentamente avevo preso posto al suo fianco, conoscevo Cassandra come atleta e l'avevo fotografata in più di un'occasione, per questo forse il ritrovarmi faccia a faccia con lei mi era sembrata una cosa fuori dall'ordinario. L'ultima volta che l'avevo immortalata era stata agli ultimi campionati, era stata davvero brava, ma questa sarebbe stata un'altra cosa che avrei tenuto per me. Ancora una volta mi ero portato una mano fra i capelli tirandoli leggermente all'indietro. Poi spostando leggermente il viso nella sua direzione avevo continuato. Io sono Peter.. Avevo sorriso leggermente e avevo allungato la mano verso di lei tenendola sospesa, una presentazione molto formale.. Ma questo era il meglio che potevo fare. Dopo tutto, se sei un frana e vuoi cambiare.. Ci vuole tempo. Ma forse il primo passo era fatto.
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    Hola!! :)
    In primis vorrei chiederti scusa per il ritardo immane con cui ho risposto e spero che il post ti piaccia ^_^
    Se qualcosa non va dimmelo e modifico <3
    Buona Lettura :)
     
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    La scelta della Congrega non aveva preoccupato Cassandra perchè temeva di essere diseredata dalla sua famiglia se avesse scelto una Congrega diversa dalla loro, quanto piuttosto perchè temeva di compiere una scelta sbagliata. A differenza dei suoi fratelli, Cassandra non era sempre stata sicura della strada da percorrere, ma aveva sempre tentennato. Persino sua sorella Arya, che ancora non aveva sostenuto la Cerimonia, sembrava avere già le idee chiare. Lei invece aveva continuato a pensarci praticamente all'infinito, sino a quando non si era resa conto che quell'indecisione era la risposta a tutte le sue domande. Per quella ragione aveva camminato fino a posizionarsi dietro Benjamin Force, il precedente Direttore degli Insicuri. Quella scelta aveva dissipato ogni dubbio e anche quando il suo allenatore cercava di metterle qualche pulce nell'orecchio, Cassandra rispondeva sempre che non avrebbe lasciato gli Insicuri per raggiungere i Tentatori. Non si sentiva portata per quella Congrega e riteneva che l'incanto che era in grado di creare con i suoi pattini non fosse una motivazione sufficiente per definirla adatta a fare la tentatrice. A dirla tutta, Cassandra si sentiva quanto di più lontano possibile dalla Congrega dei Tentatori o dei Cacciatori. Se proprio avesse dovuto operare un cambio, avrebbe seguito John tra i Salvatori o Roberto tra i Protettori. Ma, a dirla tutta, anche quelle le sembravano scelte azzardate, ragion per cui preferiva rimanere nelle acque chete della sua Congrega. Tra gli insicuri, invero, si trovava incredibilmente bene: abituata ad essere circondata dagli individui più disparati e dalla natura più diversa, Cassandra aveva trovato pane per i suoi denti in quella Congrega. Aveva diversi amici e conoscenti all'interno del Distretto degli Insicuri. Studenti, per lo più, o comunque ragazzi giovani, nonostante il pattinaggio e lo studio rubassero molto del suo tempo libero. Il suo spirito genuino e la sua spontaneità, tuttavia, sembravano bastare a coloro che la conoscevano, che erano ben propensi a perdonarle i ritardi e le uscite saltate a causa del pattinaggio. Qualcuno, un pò di tempo prima, aveva insinuato che le sue erano amicizie di comodo e che non poteva realmente considerare tali i suoi amici, poichè probabilmente questi ultimi la frequentavano solo a causa del suo nome e della sua fama, ma Cassandra non si riteneva ancora una sportiva così affermata da poter incorrere in simili situazioni. Certo, Arya continuava a definirla un'ingenua e probabilmente aveva ragione, ma la pattinatrice non riusciva proprioa fare a meno di sperare in un mondo in cui le persone sapevano usare il cuore per costruire legami sinceri e duraturi.

    Considerato il suo scarso tempo libero, quando poteva Cassandra cercava di attaccare bottone e siccome il fotografo le era sembrato, come sempre, da solo, aveva deciso di avvicinarsi a lui per fargli un pò di compagnia e per scacciare un pò di brutti pensieri dalla testa. Non si offese per quelle risposte stringate: in fondo si era avvicinata e lo aveva interrotto mentre fotografava e, probabilmente, era troppo concentrato sui soggetti da fotografare per non perdersi lo scatto perfetto. Cassandra lo capiva perfettamente: anche lei, quando si allenava, chiudeva il mondo fuori. A volte era capitato che qualche sua amica più cara andasse al palazzetto per guardarla mentre si allenava, portandosi magari da studiare, ma la pattinatrice non si era mai soffermata a chiacchierare tra un esercizio e l'altro: non un'occhiata, solo magari qualche sorriso accennato tra un sorso d'acqua e l'altro. Perchè quando pattinava, l'Insicura entrava in un altro mondo, parallelo a quello reale e ad esso collegato tramite canali comunicativi. Danzava, a suo modo, e con i suoi movimenti ricreava un collegamento con la realtà, comunicando emozioni, sfogandosi e permettendo a chi la osservava di provare lo stesso. "Nha, ci vuole molto di più per annoiarmi!" rispose facendogli l'occhiolino, mentre beveva un'altro sorso generoso d'acqua, osservandolo tornare a concentrarsi sul suo obiettivo e sugli skaters con aria curiosa. "Cassandra" rispose sorridendogli, mentre stringeva con forza la sua mano, rivolgendo poi nuovamente lo sguardo verso la pista, concedendosi una smorfia "Mha, ti dirò, non è uno dei miei giorni migliori" ammise, incrociando le braccia per avvolgersi in una sorta di abbraccio solitario, incassando la testanelle spalle. Tutti coloro che conoscevano Cassandra Sheppard sapevano quando la giovane Insicura fosse esigente: non si diceva mai soddisfatta, non si accontentava mai e puntava sempre a migliorare. Fortemente autocritica era raro sentirla dire "Oggi sono stata proprio brava". Nemmeno agli ultimi campionati si era detta soddisfatta, nonostante la posizione ottenuta e che aveva ripagato tutti i suoi sforzi, non tanto perchè non era in grado di gioire dei risultati ottenuti, quanto piuttosto perchè sembrava incapace di accontentarsi. Voleva sempre migliorare non tanto per apparire, quanto per sé stessa: Cassandra ci teneva ad essere la migliore perchè amava la sensazione di soddisfazione. Anche se appariva sempre insoddisfatta, in realtà la pattinatrice gioiva internamente delle sue vittorie, ma non era capace di esternare quelle emozioni forse perchè la sua bontà la portava a non voler mettere a disagio gli altri con la sua gioia. Con quale faccia tosta poteva esternare quell'emozione, magari davanti a qualcuno che, al contrario, aveva appena fallito? Come poteva andarsene in giro col sorriso facendo vedere a tutti la sua coppa e la sua medaglia quando era circondata da tante ragazze che, come lei, dopo un anno di sacrifici, tornavano a casa con un pugno di mosche? Non sarebbe stato carino e poco importava se, chiunque altro, al suo posto, avrebbe agito così. Certo, ai campionati aveva pianto di gioia, aveva sorriso e si era imbarazzata nel momento di dover dire qualcosa davanti a quella vittoria, ma non aveva fatto nulla di ecclatante. Probabilmente perchè si era anche stupita del risultato, sempre a causa di quel suo occhio ipercritico che la rendeva inconsapevole delle sue reali capacità. In quel caso, tuttavia, non era quel suo lato bacchettone a parlare: Cassandra stava realmente pattinando male quel giorno. Non si trattava solamente di meri errori tecnici: una caduta dopo un salto, una figura sbagliata, potevano capitare, poichè nessuno poteva eseguire alla perfezione ogni singola esibizione. No, quel giorno sentiva chiaramente che le sue capacità comunicative erano incatenate al suo umore negativo. I suoi movimenti erano quasi quelli di una bambola meccanica incapace di comunicare. Era un pensiero paradossale, se si considerava che una delle prime esibizioni degne di nota di Cassandra aveva avuto come base proprio l'opera 69, numero 6 di Shostakovich, la Clockwork Doll. Quella volta, con i pattini ai piedi, l'Insicura era stata in grado di suscitare forti emozioni e aveva ottenuto un buon piazzamento nelle gare giovanili. Nulla di ecclatante se paragonato alle esibizioni degli anni successivi, ma costituivano comuqnue un grande risultato e quella melodia le era rimasta impressa. Cassandra la portava nel cuore ma quel giorno si sentiva una bambola meccanica dai meccanismi poco oliati. Vecchia, statica. Guardando Peter dal basso verso l'alto gli fece un cenno con la testa, invitandolo quasi a prendere posto accanto a lei; un invito, il suo, non di certo un obbligo. "Troppi pensieri per la testa" aggiunse facendo spallucce, con lo sguardo sempre rivolto agli skaters che, anche davanti ai fallimenti, continuavano imperterriti a ritentare ancora e ancora, come ogni volta. "I tuoi scatti, invece, come procedono?" gli domandò, tornando a rivolgere il suo sguardo verso di lui, mentre un lampo di curiosità accendeva il suo sguardo "Eri tu quello che scattava le foto dell'annuario vero?"
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4 replies since 7/3/2017, 21:14   467 views
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