Chiudo gli occhi e salto fidandomi di un battito

Grantham Circus (Capitale) | Mikaela & Rohan

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    Mikaela Saarinen
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    Musica allegra, luci soffuse bianche, blu e azzurre, tonalità fredde che esaltavano la tuta di Mikaela. In tessuto elastico e colorata di verde acqua con aree tendenti ad un verde più scuro o all'azzurro; trasparente in altri punti e con sprazzi di perline sul corpetto, alle caviglie e vicino ai polsi: opera sapiente delle sarte del Grantham, la Salvatrice lo indossava per la prima volta per quello spettacolo. Era il debutto del costume, ma non solo di quello: quell'esibizione da solista era la prima per lei, poichè in precedenza si era sempre esibita in gruppo o in coppia, e poco le importava se non le avevano dato un ruolo nello spettacolo serale ma in quello del tardo pomeriggio, poichè finalmente avrebbe potuto portare qualcosa che era suo e solo suo. Mikaela si era dimostrata euforica quando, quella mattina, quando Sullivan le aveva detto che, anzichè aprire lo spettacolo, il suo numero lo avrebbe chiuso: uno degli acrobati aveva preso un virus che lo aveva tenuto a letto per due giorni e il proprietario del Grantham non se l'era sentita di farlo esibire, così aveva scambiato il numero degli acrobati con quello di Mikaela. Era una prova di iniziazione, lo sapeva bene, ma non era nervosa: sapeva di potercela fare. Anche perchè quello sarebbe stato il suo primo spettacolo nella Capitale dopo molto tempo: era lo spettacolo del ritorno a casa e l'energia che le dava l'idea di essere finalmente tornata in quella città che era stata teatro di tanti ricordi importanti era un'energia positiva. Voleva fare un tributo alla Capitale, agli istanti di vita che aveva passato lì e riteneva che il suo cuore la avrebbe aiutata: avrebbe fatto un inno alla vita, riempiendo i cuori del pubblico di energia positiva, aiutandoli a staccare la mente e il cuore dall'opprimente routine e dalla loro vista frenetica, chiudendo in bellezza lo spettacolo. Certo, lo spettacolo del tardo pomeriggio era più breve di quello serale e finiva intorno alle 20:00, a cavallo con l'orario della cena di molte famiglie dunque il tendone del Grantham non sarebbe stato pieno, ma quello era un dettaglio irrilevante per lei: se anche ci fosse stato un solo spettatore, lei avrebbe messo in scena il suo spettacolo per lui, dando comunque il massimo, poichè quello era l'unico modo per puntare in alto e migliorarsi.

    Vi erano altri artisti del Grantham sul palco in quel momento: portavano in scena l'introduzione al suo numero da solista: sua madre era lì, dietro le quinte con lei, senza dire niente, presenza silenziosa assieme a Thomas che si era esibito mezz'ora prima, all'interno di quel medesimo spettacolo. Non volevano far altro che farle sapere che la sua famglia - quella più ristretta composta da lei e i suoi genitori, e quella allargata, il Circo tutto - credeva in lei e che la supportava ed era loro grata per quell'incoraggiamento e per il loro sostegno. Egoisticamente, a Mikaela sarebbe piaciuto vedere suo padre nel pubblico: sapeva che l'uomo doveva rifornire di dolciumi gli spettatori che si aggiravano tra i tendoni in attesa che inizasse questo o quello spettacolo e che, di conseguenza, non poteva allontanarsi dalla sua bancarella, ma per una volta avrebbe voluto fargli vedere il suo numero al di fuori degli orari di prova, quando Kyösti, non avendo da lavorare, generalmente le faceva compagnia, incoraggiandola e dandole suggerimenti. Quello era un momento importante e per lei sarebbe stato altrettanto importante che suo padre fosse presente, ma sapeva che non poteva saltare un giorno di lavoro, dunque non avrebbe lasciato che la sua assenza rovinasse il suo numero: avrebbe dato il massimo e avrebbe salutato la Capitale e il suo pubblico caloroso con un sorriso. Per quella ragione salì sul palco con decisione, dando inizio al suo numero. Muoversi a terra strisciando, modellando il suo corpo per fargli assumere posizioni all'apparenza innaturali era oramai la normalità per lei, ma il duro allenamento non aveva reso banale l'esecuzione di certi numeri: occorreva concentrazione, prima di tutto e passione subito dopo. Non bastava avere un corpo snodato per far presa sul pubblico e non solo perchè, con l'avvento dei doni, certi spettacoli potevano apparire scontati o banali. No, serviva passione perchè altrimenti quello sarebbe stato uno spettacolo ginnico fine a sé stesso e l'ultima cosa che lei desiderava fare era svilire quell'arte che sua madre e i suoi nonni avevano portato avanti.

    Sebbene avesse sperato di poter inserire qualche numero col fuoco all'interno della sua esibizione, sapeva di non essere ancora pronta così aveva ripiegato sugli Hula Hoops, che sarebbero stati altrettanto d'effetto se combinati con le sue abilità da contorsionista. Mantenere in rotazione il carchio con la sola forza della caviglia mentre si cambiava posizione al proprio corpo, passando da una posizione eretta ad una distesa sulla fredda superficie del palcoscenico, era tutto fuorchè semplice, ma la contorsionista del Grantham sapeva di non dover temere l'errore: se avesse iniziato a preoccuaprsi, l'ansia avrebbe potuto danneggiare l'esibizione. Movimenti fluidi e consapevoli, a ritmo con la musica, accompagnavano il moto rotatorio dell'hula hoop e Mikaela non aveva occhi se non per il suo pubblico. Non vedeva distintamente i volti delle persone a causa delle luci, ma ne scorgeva le sagome: c'era un gruppo di bambini in prima fila e lei si concentrò su di loro, sorridendo quando, dopo aver portato avanti il numero a terra, riguadagnò la posizione eretta: aveva completato la prima parte del suo numero e i presenti sembravano aver apprezzato. Lanciando i cerchi in aria, muovendosi a tempo, Mikaela iniziò poi a spostarsi per il palco, evitando di scontrarsi con il resto degli artisti tornati in scena per darle manforte, posizionando altri cerchi per lei; fu proprio alla fine di una delle diagonali che le permettevano di spostarsi per tutta l'ampiezza della pista che, recuperato il cerchio lanciato in aria, i suoi occhi caddero su una delle poltroncine della prima fila: era un pò defilata lateralmente, ma il suo sguardo ne era stato attratto nell'immediato, forse perchè la sagoma che vi scorgeva le era familiare. Non poteva vedere in viso il ragazzo seduto lì ma avrebbe potuto scommettere che si trattava di Rohan. Il suo cuore perse un battito e, istintivamente, la contorsionista del Grantham sorrise, mentre tornava a far ruotare gli Hula Hoops attorno al suo corpo, posizionandosi di profilo rispetto al punto in cui si trovava il suo amico. Conosceva Rohan da anni ormai: Salvatore anch'egli, lo aveva conosciuto al suo primo anno in Accademia e anche se lui aveva concluso gli studi molto prima di lei, si erano tenuti in contatto. Non lo vedeva da quando, più di un anno prima, il Circo aveva ripreso il suo tour, allontanandosi dalla Capitale: il Grantham era in città da due giorni e quella era la serata della riapertura e, concentrata sui preparativi, Mikaela non era riuscita ad andare a trovare il suo migliore amico. Perchè quello era, per lei, Rohan. E in quel momento avrebbe solo voluto saltare giù dal palco e abbracciarlo. Perchè si, si erano sentiti spesso via Skype, si erano scambiati commenti su Covenbook e si erano parlati al telefono... ma non era la stessa cosa. Non era come avere Rohan accanto seduto sul divano, intento ad abbuffarsi con la pizza: ci avevano provato a fare la loro serata schifezze e film in differita, mangiando ognuno da un cartone di pizza nella sua camera, a chilometri di distanza, con Skype acceso, raccontandosi tutto...ma non era la stessa cosa. Anzi, faceva quasi schifo. Non aveva avuto modo nemmeno di avvisare il Salvatore del ritorno in città del Grantham, perchè era stato tutto improvviso: avrebbero dovuto fare un altro paio di settimane in una città vicina, ma la piazzola che avevano chiesto al comune sorgeva nei pressi di un fiume e si era allagata divenendo inagibile a causa di alcuni danni alla struttura del suolo e così il Circo aveva anticipato il ritorno nella Capitale. Rohan doveva aver visto le locandine in giro in città, era l'unica spiegazione... ed era andato a vederla, nonostante conoscesse pressochè a memoria i numeri del Circo.

    Fu con la testa tra le nuvole e il cuore a mille che Mikaela concluse la sua esibizione, chiudendo in bellezza lo spettacolo pomeridiano, prima di lasciare il palco. Pacche sulle spalle, complimenti e commenti celebrativi le vennero rivolti dietro le quinte dagli artisti che si toglievano i costumi e si lavavano la faccia dal trucco perchè avevano finito lo spettacolo e da quelli che, al contrario, si stavano preparado ad andare in scena. Li ringraziò ad uno ad uno, sorridendo a tutti e abbracciando sua madre, ma poi non si fermò a cambiarsi; si limitò a liberare i capelli dalla retina, lasciandoli sciolti sulle spalle e, con ancora il costume addosso e quintali di trucco sulla faccia, corse fuori dal tendone: la fiumana di spettatori che aveva assistito al suo numero stava lasciando il tendone e, tra di loro, Mikaela cercò il viso amico di Rohan, non riuscendo a trovarlo. Stava quasi per convincersi di essersi sbagliata, di essersi lasciata ingannare dalle luci e dal suo desiderio di vedere il ragazzo quand'ecco, ne scorse il profilo tra la folla: sorrise, raggiante, e attese che il Salvatore si defilasse rispetto al resto degli spettatori per potergli correre incontro. Rohaaaaaaaan! urlò, sovrastando il chiacchiericcio e la musica che si diffondeva per tutto il circo tramite degli altoparlanti; un istante dopo, si gettava a peso morto contro l'amico cingendogli il collo con le braccia, con il desiderio di imprimere in quell'abbraccio quel "Mi sei mancato" che le pesava sul cuore da mesi.
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    Uscivo da una simulazione notturna quando vidi gli addetti alla pubblica affissione incollare su alcuni cartelloni metallici dei manifesti pubblicitari. Era quasi l'alba, ero stanco (chiunque avesse detto che gestire un'operazione dal terminale era più semplice che prendervi parte attivamente non aveva mai guidato una missione, anche se simulata), sentivo le spalle irrigidite e il tutore alle gambe, indossato per così tante ore senza alcuna possibilità di allentare le cinghie per qualche minuto di sollievo, mi segnava la carne. Desideravo solo tornare a casa, portare Ragnar in una breve passeggiata e sprofondare a letto. Ma quel cartello pubblicitario attirò la mia attenzione: davo sempre un'occhiata ai manifesti, convinto che prima o poi avrei trovato qualche iniziativa interessante organizzata dalla Congrega, così anche quella sera, sebbene le mie gambe mi implorassero un po' di riposo, rimasi in piedi ad assistere all'affissione e fu per quella ragione che scoprii che il Grantham Circus era tornato in città. Istintivamente l'angolo destro della mia bocca scattò verso l'alto in un sorriso complice al pensiero di cosa significasse quell'informazione. Il Grantham, per me, significava Mikaela. E Mikaela portava il sorriso sulle mie labbra. Non sapevo del ritorno del circo nella Capitale, ma sapevo bene quanto la natura errante della vita circense fosse soggetta a imprevisti e mutamenti inaspettati, perciò supponevo che fosse accaduto qualcosa che avesse portato il Grantham in città prima del previsto e che quindi non aveva permesso a Mikaela di informarmi del suo ritorno. O magari voleva semplicemente farmi una sorpresa. Recuperai il cellulare dalla tasca dei pantaloni e sbloccai il display per sincerarmi che non mi avesse scritto. Ogni volta che partiva, i messaggi si sostituivano alle conversazioni di persona e durante le mie giornate di riposo arrivavamo a scambiarci messaggi quasi senza interruzione, parlando di qualsiasi argomento. Era passato più di un anno dall'ultima volta che ci eravamo visti di persona e non potei non pensare che, un anno fa avevo ancora le mie gambe. Mikaela non sapeva nulla dell'incidente, o meglio, non era a conoscenza della sua gravità. Le avevo rivelato di essere stato vittima di un leggero infortunio sul lavoro (non avrei potuto omettere quanto accaduto: alla prima videochiamata avrebbe visto il mio volto ferito e allora sarebbe apparso più sospetto il mio silenzio), ma non sapeva, Mikaela, che quel giorno ero stato privato delle ossa delle gambe e che rimanevo in piedi solo per un tutore di mia costruzione. Nutrivo un rapporto estremamente stretto con lei, creatosi quasi per caso in Accademia, e la mia omissione non era dovuta ad una sorta di diffidenza nei suoi riguardi, tutt'altro, la verità era che desideravo scongiurare l'eventualità che qualcosa cambiasse tra di noi. Conoscevo Mikaela e sapevo che non avrebbe volontariamente mutato il suo atteggiamento nei miei riguardi, tuttavia temevo che inconsciamente potesse frenarsi, in qualche modo, una volta al corrente della mia disabilità. Non volevo vedere la luce della pietà nei suoi occhi, non volevo che mi riserbasse trattamenti di riguardo perché sapeva quanto mi era accaduto. Quindi non gliel'avevo detto, avevo sminuito l'entità del danno e quando le ferite superficiali si erano rimarginate, le avevo fatto credere di essere tornato quello di sempre. Era un segreto che pesava sul mio cuore, ma si trattava di un peso che io stesso avevo posto e di cui non desideravo liberarmi. Ne valeva la pena, pur di salvare la mia amicizia con lei. Il pensiero dell'incidente, tuttavia, non si insinuò nemmeno per un istante nella mia convinzione di assistere allo spettacolo del Grantham. Avevo letto, in calce alla locandina, il programma per la giornata di apertura e avevo letto il suo nome nell'esibizione pomeridiana. Significava che era riuscita a guadagnarsi uno spazio suo, una parentesi dove poter essere la protagonista e a quella rivelazione il mio sorriso si tinse di una sfumatura fiera. Mikaela era un'artista straordinaria, dotata di una passione e di una devozione per l'arte circense che la rendevano meritevole di quel successo, e non solo: meritava l'attenzione del pubblico su di sé, meritava scrosci di applausi. E, naturalmente, io sarei stato in prima fila. Così allungai la strada e anziché rincasare passai per la biglietteria del Grantham al fine di aggiudicarmi in anticipo l'ingresso e un posto d'onore per l'esibizione della contorsionista. Era così presto che il circo, già sveglio, stava ancora approntando i vari tendoni e non riuscii a vedere Mikaela. Avrebbe significato che ci saremmo incontrati dopo il suo spettacolo, non sarebbe stato affatto un problema.

    Ragnar mi seguì con lo sguardo mentre aprivo la porta di casa, pronto ad uscire per raggiungere il Grantham. Lo avevo addestrato personalmente, ed egli sapeva di restare al proprio posto finché non riceveva un mio cenno di consenso. Non lo avrei portato con me quella sera, dunque socchiusi la portafinestra che dava sulla veranda in modo tale che potesse uscire. Non temevo eventuali intrusioni: Ragnar era un cane da guardia eccellente e avrebbe difeso il suo territorio senza difficoltà da qualsiasi minaccia. Raggiunsi in metropolitana il Grantham in lieve anticipo e presi posto quando il tendone era ancora quasi del tutto vuoto. Non appena le luci si abbassarono e la musica venne diffusa al suo interno, sorrisi d'istinto, pronto ad accogliere l'ingresso di Mikaela con un caldo applauso. I minuti che seguirono mi rapirono completamente. Non era la prima volta che vedevo le esibizioni di Mikaela, ma quello spettacolo, nuovo ai miei occhi, aveva qualcosa di speciale. Forse perché non eravamo mai stati costretti alla lontananza così a lungo, forse perché dopo l'incidente non l'avevo ancora potuta abbracciare, forse perché in quell'anno e passa ella era realmente migliorata, non sapevo dirlo, ma mi rapì completamente. E quasi non notai l'ingresso degli artisti di supporto, tanto la mia attenzione era focalizzata sulla contorsionista. Mi parve che lo spettacolo terminò troppo presto e repentinamente venni riportato alla realtà. Rimasi seduto fino a quando il tendone non si fu quasi svuotato, e solo a quel punto mi alzai in piedi. In disparte, lievemente lontano rispetto alla fiumana che si avviava verso l'uscita, mi rivolsi nuovamente verso lo spiazzo circolare dove la mia amica aveva appena concluso la sua esibizione, cercandola con lo sguardo tra gli altri circensi. Fu la sua voce a richiamare i miei occhi e non appena lessi quella vitale sfumatura di entusiasmo, un nuovo sorriso distese le mie labbra. Sapevo che sarebbe corsa tra le mie braccia, come sempre faceva, e sapevo anche quanto rischio stessi correndo in quel momento. Bastava poco affinché perdessi l'equilibrio, io, che ero sempre stato estremamente solido nel mio fisico massiccio. Ma durante la riabilitazione e tuttora seguitavo ad allenarmi, a plasmare il mio fisico alla mia nuova condizione. Se un anno prima erano le mie gambe a mantenere l'equilibrio, ora furono gli addominali a permettermi di accogliere tra le mie braccia lo slancio di Mikaela senza cadere. Il tutore compì il suo dovere, lasciandomi in piedi, mentre stringevo a me la mia amica trattenendo un sospiro di sollievo. Sollievo non solo perché ero riuscito a non smascherarmi dopo cinque minuti, ma sollievo perché finalmente lei era tornata e Mikaela era sempre una ventata di allegria, era un sole ed era impossibile resistere al suo calore. «Ehi, uno spettacolo da solista!» esclamai stringendola con maggiore forza a me, allargando il sorriso. Una volta mi era stato detto che le mie braccia somigliavano a due tronchi e che i miei abbracci fossero particolarmente avvolgenti... forse anche a causa della mia altezza e della muscolatura, ma vi era sempre particolare attenzione e tenerezza quando cingevo Mikaela. «Magica come sempre, ma ora non montarti la testa» soggiunsi baciandola dolcemente sul capo prima di permetterle di allontanarsi da me. «Posso allontanarti dal Grantham per la cena?» chiesi mentre un mezzo sorriso ironico si sostituiva all'espressione orgogliosa e nostalgica che aveva caratterizzato il mio viso per la durata della sua esibizione.
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    Mikaela Saarinen
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    Inizialmente, la circense faticò a credere ai suoi occhi, quando scorse la figura di Rohan leggermente distaccato dal resto della folla che aveva assistito allo spettacolo e che si apprestava a lasciare il circo o a recarsi ad un baracchino per acquistare qualcosa da mangiare, o per far vedere ai figli il resto del circo. Forse perchè era passato più di un anno dall'ultima volta in cui lo aveva visto o perchè non si aspettava di vederlo lì. Ne aveva riconosciuto la sagoma tra la folla, ma uscendo dal tendone aveva seriamente pensato che potesse essersi trattata solamente di una svista suscitata dal suo desiderio di vedere il suo migliore amico quanto prima. La delusione per la sua assenza aveva già iniziato a farsi largo nel suo animo, non tanto perchè la Salvatrice pretendesse di vedere Rohan alla prima del suo spettacolo - non pretendeva nulla dal suo migliore amico - quanto piuttosto perchè si era illusa da sola, quando infine lo aveva visto. Così, per quella ragione, fino all'ultimo non riuscì razionalmente a realizzare ciò che stava accadendo. Ma non appena le braccia di Mikaela si strinsero attorno al busto di Rohan, ogni dubbio parve dissiparsi nel nulla e la ragazza poté finalmente sentirsi a casa nel momento in cui il Salvatore ricambiò l'abbraccio con la solita fermezza. Perchè Rohan per lei era anche questo: una roccia inammovibile, una certezza. Ricordava perfettamente come si era sentita quando aveva sentito quel suo intervento in Accademia quel giorno di quasi quattro anni prima. Delusa profondamente dalla sua Congrega e dai suoi membri, all'apparenza più Insicuri degli Insicuri stessi, disorganizzati più dei Cacciatori e ben poco Salvatori nell'animo, aveva rivisto in Rohan e in un'altra manciata di studenti più grandi di li un barlume di speranza per la sua Congrega. Rohan le aveva restituito quella fiducia nel prossimo che Mikaela sembrava aver perso e, alla fine, tra una presa in giro e l'altra, si erano trovati. I loro caratteri spigliati e la genuinità delle loro interazioni avevano contribuito alla nascita di un legame unico e speciale, in grado di durare anche nelle avversità. La lontananza non li aveva mai fermati e, anche quella volta, non era riuscita a sradicare le radici che avevano rispettivamente piantato nel cuore dell'altro: per l'ennesima volta, nonostante un anno di lontananza, il filo che li collegava non si era reciso bruscamente. E Mikaela voleva godersi quell'abbraccio rassicurante, volava sentire la vicinanza con Rohan ancora un pò prima di allontanarsi e ricominciare a fare l'idiota come faceva di solito quando si trovava in compagnia del Salvatore. Fu grata dunque all'amico quando quest'ultimo non sciolse nell'immediato l'abbraccio. Sentì i talloni staccarsi da terra mentre Rohan aumentava la presa, citando il suo spettacolo da solista, e così fu costretta ad alzarsi sulla punta dei piedi, ma lo fece di buon grado, consapevole del fatto che se anche avesse staccato i piedi da terra l'amico la avrebbe sostenuta. Ridacchiò circa la sua affermazione sul montarsi la testa e, quando finalmente venne lasciata libera, sorrise a Rohan. "Tranquillo, non mi atteggerò da DivHa" disse, storpiando l'ultima parola, mentre portava la mano destra dietro la nuca e la sinistra su un fianco, mostrando a Rohan la così detta duck face, quasi a volersi mettere in mostra per dei fotografi invisibili. "Un sorriso per la stampa Rohan, sei con la nuova Miss Salvatori" concluse prima di mettersi a ridacchiare, sicura che l'amico avrebbe colto il riferimento ad una loro comune conoscenza che, a detta di Mikaela, probabilmente mancava di qualche rotella. Alla sua affermazione successiva, la circense arricciò leggermente il labbro superiore, avanzando di un'altro passo, colmando quella breve distanza che, giusto qualche istante prima, aveva creato tra sé e Rohan. "Tu" disse, tirandogli un pugno sul petto, senza metterci poi molta forza, in quello che era chiaramente un gesto simbolico "brutto. Idiota!" aggiunse, ed ogni parola era un surrogato di pugno sul petto "Perchè. Non. Mi. Hai. Detto. Che. Saresti. Venuto???" Domandò, prima di gettarsi nuovamente tra le sue braccia appoggiando la guancia al suo petto, godendo di quel contatto fisico che tanto le era mancato. "Ahhh dovrei dirti di no per punizione! Ma muoio di fame e abbiamo almeno duecentoventitrè serate Divano & Schifezze in arretrato! Quindi consideralo un sì!" aggiunse, sciogliendo nuovamente l'abbraccio. "Ma prima devo darmi una lavata e cambiarmi! Quindi al Miky-Camerino!" urlò, indicando l'area provvista di bagni pubblici che sorgeva al limitare dell'accampamento del circo, incamminandosi in quella direzione, sicura che Rohan la avrebbe seguita. Per questo, inizialmente, non tenne un'andatura sostenuta, così da dare tempo all'amico di raggiungerla e affiancarla, così da poter camminare vicino a lui. E, per tutto il tragitto fino alla roulotte, Mikaela non disse nulla, limitandosi a lanciare delle occhiate, di tanto in tanto, al suo migliore amico, lasciandosi sfuggire un sorriso genuino ogni volta. Era incredibile come, anche dopo un intero anno, nulla fosse cambiato: erano sempre Rohan e Mikaela, Mikaela e Rohan. Lei, per quanto snodata, non riusciva a raggiungerlo in altezza - le sembrava tuttavia che Rohan si fosse abbassato leggermente, ma forse era solo un'impressione dovuta al fatto che non lo vedeva da tempo - ed era nettamente più sottile, come figura, rispetto a quella del Salvatore. Si trovavano agli opposti fisicamente, ma la loro armonia e la loro capacità di comprendersi con un solo sguardo saltava subito all'occhio. Non avevano creato un linguaggio in codice: non ne avevano bisogno. Si trovavano già sulla stessa lunghezza d'onda. Sin dall'inizio della loro stramba amicizia Mikaela si era resa conto di come Rohan riuscisse a comprendere quei modi di dire che usava solo lei e che capivano solo coloro che erano vissuti per ani a stretto contatto con lei. Era come se fossero nati per comprendersi e Mikaela non avrebbe potuto chiedere un amico migliore: nessuno valeva per lei quanto Rohan. E anche se non si vedevano da tempo, Mikaela non sentiva il bisogno di riempire quel silenzio con frasi sconclusionate: sapeva che al momento giusto, avrebbero iniziato una nuova conversazione senza alcuna difficoltà. In quel momento, semplicemente, la circense voleva godersi l'attimo. Condusse dunque Rohan nell'area del circo non aperta al pubblico, quella riservata agli artisti, completamente dimentica del fatto che aveva lasciato un cambio nel tendone: avrebbe recuperato quegli abiti in un'altro momento poichè sicuramente non avrebbe indossato una tuta per uscire a cena con Rohan, anche se l'amico avesse deciso di portarla a casa sua per una serata con pizza e divano. Le piaceva variare un pò stile quando era fuori dal circo, dove spesso girava in tuta: non che si agghindasse a festa ogni giorno, ma almeno un paio di jeans amava concederseli!

    Prima di raggiungere la sua meta, Mikaela fece tappa alla roulotte dei suoi genitori per recuperare il necessario per la doccia, così da non far perdere troppo tempo a Rohan. Lo lasciò all'esterno, non tanto perchè non voleva fargli vedere il caos che regnava al suo interno - il Salvatore aveva avuto modo di vederlo tramite Skype - quanto piuttosto perchè contava di uscire subito. Lasciò dunque la porta aperta e, raccattato tutto ciò che le serviva - compresi i primi vestiti che le capitarono sottomano - tornò all'esterno, chiudendosi la porta alle spalle. "Allora, dove mi porti a mangiare Rohan? Mi sono mancate le nostre serate" aggiunse, mentre ricominciava a camminare, fino ai bagni pubblici. Il Circo si era fermato in un'area dove, probabilmente, tempo prima sorgeva un'area destinata al campeggio e che offriva dunque anche dei servizi comuni che gli artisti avevano richiesto di poter utilizzare. Certo, era inverno e questo significava che Mikaela avrebbe rischiato l'assideramento, ma l'idea non la spaventava: era abituata a quella vita. Lasciò Rohan appena fuori dalla porta e si infilò nella doccia più vicina all'ingresso, così da poter parlare con lui nonostante l'acqua che scrosciava riempiendole le orecchie. "ALLORA DEVO ASPETTARMI ALTRE SORPRESE STASERA OLTRE A QUESTA COMPARSA A TRADIMENTO?" urlò per farsi sentire mentre si sciacquava i capelli "MI PORTERAI A CENA IN UN RISTORANTE DI LUSSO E NELLA TORTA TROVERO' UN ANELLO?" domandò ridacchiando, rischiando di strozzarsi con lo shampoo e l'acqua della doccia. Iniziò dunque a tossire e a ridere assieme, immaginando ad occhi chiusi la scena... con tanto di giornalisti attorno, per imitare alla perfezione la divHa citata in precedente e il suo sedicente fidanzato, che avevano iniziato, da Natale a questa parte, ad intasare Covenbook con le loro fotografie. Se fosse stato Rohan il Direttore dei Salvatori, probabilmente la scena non sarebbe stata neanche tanto surreale: Mikaela arebbe inscenato volentieri una recita per prendere in giro un pò di paparazzi, ma sapeva perfettamente quanto questo scherzo avrebbe potuto daneggiare l'immagine di Rohan facendolo passare per una persona superficiale o poco seria. Ma forse stava correndo troppo: le elezioni erano ancora lontane, quello di ROhan solo un progetto, che senso aveva preoccuparsi di un innocente scherzo che mai avrebbe visto la luce? Con l'ultimo getto d'acqua scrollò via quei pensieri e non appena aprì la porta della cabina in cui si era rinchiusa, riuscì a percepire il pungente freddo invernale.
    "CHE FREDDOOOOOO!!!!" urlò, cercando di non scivolare sul pavimento bagnato mentre raggiungeva i vestiti che aveva lasciato appoggiati su una sedia: era solo tardo pomeriggio, ma la sera era ormai alle porte e le temperature iniziavano a scendere. Dopo essersi rivestita, con i capelli ancora avvolti in un asciugamano e con il costume da scena e l'accappatoio tra le braccia, con un calcio in stile film aprì la porta dei bagni che aveva lasciato socchiusa per poter ascoltare Rohan "Devo asciugarmi i capelli o prenderò una broncopolmonite... sei disposto ad aspettarmi ancora un pochino vero? Vero?" domandò, facendogli gli occhioni dolci, per poi indicare con un cenno del capo la roulotte: avrebbe usato il phon all'interno per non rischiare di ammalarsi. "Ah, ovviamente vieni nella roulotte con me: non ti lascio mica qui a congelare!" concluse, tentando di prenderlo a bracetto nonostante la montagna di oggetti che teneva tra le braccia.
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