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Casa Chambers - territorio neutrale | Lily & Jake

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    Jake Chambers
    22 anni // Tecnopatia // Cacciatori
    Fu il citofono a svegliarlo di soprassalto, portandolo a sbattere la testa contro la lampada che aveva riposto sul tavolo della cucina per godere di un'illuminazione maggiore. Aveva lavorato tutta la notte su quel dannatissimo circuito elettrico e, come sempre, si era addormentato con la faccia nel lavoro e, se si fosse guardato allo specchio, avrebbe visto i segni di un cacciavite a stella impressi nella sua guancia destra. Certe volte, pur amando il suo impiego, Jake rimpiangeva le settimane di malattia, quelle durante le quali non aveva fatto altro che starsene seduto davanti al computer per sistemare il programma che avrebbe permesso al Pandemonium di finire nell'etere, consentendo a Roland di mandare un messaggio in Diretta mondiale senza troppe difficoltà. Quel programma era stato messo da parte, momentaneamente, per qualche giorno, a fronte di problematiche sul posto di lavoro: uno dei computer principali aveva iniziato a dare problemi e nemmeno le parole bonarie di Jake erano riuscite a convincere quell'aggeggio infernale a metersi a posto da solo. Non era un capriccio, quello, era un vero problema tecnico e, pur di non pagare qualcun altro, il Capo aveva affidato al giovane Cacciatore il compito di sostituire le parti danneggiate. E perchè comprare delle componenti già pronte per l'uso, quando poteva costruirne lui da zero spendendo meno e assicurandosi una qualità del lavoro migliore, riuscendo magari anche a guadagnarsi un aumento? E così si era preso in carico quell'ennesimo grattacapo; lo aveva fatto con gioia, non tanto perchè fosse uno stacanovista o perchè amasse immolarsi per il suo prossimo - specie se il suo prossimo era odioso come il suo capo - ma perchè avere del lavoro su cui focalizzare l'attenzione lo aiutava a distrarsi. Era tutta settimana che si addormentava furoi dal suo letto e il suo corpo iniziava ad accusarne i colpi: la sua schiena e il suo collo urlavano pietà, ma Jake era ben intenzioanto ad andare avanti così poichè quello era l'unico modo per dormire. Se si fosse steso su un materasso, avrebbe passato solo notti insonni... il che lo portava ad iniziare a comprendere per quale ragione Roland dormisse così poco e male: c'erano traumi che potevano perseguitarti con maggior intensità, al buio. Sapeva che Roland continuava a sognare la morte di Allie: sua sorella era sempre stata un'ombra tra loro, una presenza, un monito per entrambi di ciò che era successo e che sarebbe potuto ricapitare. Jake, da parte sua, sognava sin troppo spesso quanto era accaduto a Villa Deschain qualche mese prima.

    Si era sempre detto pronto a morire per Roland, ma mai si sarebbe aspettato di rischiare di morire per mano del suo mentore. Per anni Jake si era sacrificato, lasciando che Roland assorbisse le energie da lui nel momento del bisogno. Ricordava in maniera cristallina l'agguato durante il quale Roland gli aveva letteralmente fatto da scudo umano: quella era stata la prima volta in cui Jake era venuto meno ad un ordine, obbligando Roland a prendersi le sue energie in attesa dei soccorsi... la prima delle tante volte in cui Jake aveva dato al figlio di Sallister la sua energia, chiedendo in cambio solo che egli sopravvivesse ad uno scontro. Immolarsi per Roland, non gli era mai pesato: era stata una sua scelta volontaria, che il Cacciatore più anziano aveva osteggiato fin dal principio. Per quanto nato come leader e abile a ricoprire quella carica, Roland non aveva mai chiesto venerazione a nessuno, tantomeno a Jake, ma il salvatore mancato aveva capito ormai da tempo che la sua vita non poteva essere altro se non quello: lo sapeva da quando aveva tredici anni e niente e nessuno avrebbe potuto portarlo a cambiare idea... neanche le mani di Roland strette attorno al suo collo. Al solo pensiero, le sentiva ancora premute a schiacciare la trachea, mosse da uno sciame di voci udibili solamente dal figlio di Sallister: quella crisi più profonda delle altre, sebbene non avesse avvicinato Jake alla morte tanto quanto altre esperienze, aveva lasciato comunque un segno indelebile, poichè essa era una prova... la prova che Roland stava morendo. Non aveva nemmeno trent'anni, godeva di ottima salute, ma stava comunque morendo: la sua mente stava lentamente degenerando, stava lentamente scivolando verso un'oblio dalla quale neanche Jake avrebbe potuto risollevarla. Quello faceva male, non le mani di Roland attorno al suo collo, avide di energia vitale, ma la consapevolezza di essere impotente davanti al declino di un uomo che aveva brillato in grandenzza come pochi altri in quella società marcia. Jake lo stava perdendo e quel pensiero non gli dava pace, gli spezzava l'anima in due più di ogni altra cosa...anche più della relazione che il Cacciatore intratteneva con Nalani Eos.

    Un borbottio indispettito abbandonò le labbra del Cacciatore che, dopo aver sbattuto la testa, si portò una mano nella zona colpita, con una smorfia di disappunto, mentre il suo sguardo impastato dal sonno correva all'orologio della cucina: erano le otto e mezza. Per un istante Jake pensò di non alzarsi e di far finta di non aver sentito: riteneva un sacrilegio una levataccia del genere di domenica mattina. Poi, tuttavia, il suo buonsenso lo portò a far scivolare la sedia sulle piastrelle della cucina, per rimettersi in piedi e avviarsi al citofono. Non riceveva molte visite inaspettate, Jake Chambers: era pieno di amici sparsi qua e là per il globo ma, dato che i suoi turni di lavoro cambiavano pressochè ogni mese, nessuno andava mai a trovarlo di sorpresa, nemmeno Mattiew; persino il tentatore si degnava di dargli qualche minuto di preavviso.Quindi, siccome il postino non passava mai di domenica, i casi erano due: o uno dei bambini del vicinato particolarmente mattiniero aveva deciso di fargli uno scherzo, oppure si trattava di una questione seria, talmente seria che il diretto interessato non gli aveva nemmeno telefonato, preferendo presentarsi direttamente alla porta; una rapida occhiata al telefono, infatti, aveva dato conferma a Jake che la segreteria era vuota. Arrivato in salotto, Jake si avvicinò al videocitofono, ma non ebbe bisogno di sbloccare l'interfono per convincersi ad aprire il portone: il fatto che fosse Roland la persona che gli aveva suonato, era un incentivo sufficiente ad aprire. Fatto scattare l'interruttore di aprtura del cancelletto, in automatico Jake accorse alla porta, incurante del suo stato poco presentabile: i pantaloni della tuta e la maglia grigia slavata che indossava, tipico abbigliamento casalingo del giovane Chambers, di certo non erano quanto di più imbarazzante Roland gli avesse visto indossare; Jake ricordava ancora un pigiama verde con gli orsacchiotti di dubbio gusto che si era ritrovato ad indossare quando Roland aveva passato le vacanze di Natale a casa Chambers e Allie era ancora viva. La loro confidenza aveva raggiunto livelli estremi e, Jake ne era certo, il figlio di Sallister non si sarebbe formalizzato per qualcosa di simile: del resto, tra i due, era sempre stato Roland quello più elegante e anche quella mattina vestiva uno dei suoi completi d'alta sartoria che Jake non si sarebbe potuto permettere nemmeno con un anno di stipendio. Il Cacciatore abitava nella periferia della Capitale, nella zona residenziale preferita da giovani laureati e dalle coppie appena sposate con famiglia: piccole villette con giardino, tutte simili, erano le residenze più diffuse in quella zona, che Jake aveva scelto per la sua tranquillità: poca criminalità, locali notturni rumorosi pressochè inesistenti e un vicinato sempre disponibile. E, quasi a voler sottolineare quanto quella calma fosse reale, la via era deserta e solo Roland si ergeva in piedi in quella fredda mattina autunnale. E' successo qualcosa d grave? l'unica domanda, preoccupata e sospettosa assieme, che Jake rivolse al Cacciatore, mentre si faceva da parte per permettergli di entrare in casa: non c'era bisogno di convenevoli, con Roland; soprattutto in quelle occasioni, era necessario andare subito al dunque perchè ogni minuto era prezioso e Jake lo aveva imparato da molto tempo. Dopo l'aggressione a Villa Deschain lui e Roland si erano rivisti altre volte e non solo per affari; per un miracolo che Jake faticava ancora a spiegarsi, quanto successo non aveva distrutto quel rapporto evolutosi con il passare degli anni e lui e il Cacciatore più anziano avevano continuato con i loro incontri sporadici, resi difficltosi dai loro impegni, spesso inconciliabili. Anche se non si vedevano, tuttavia, lui e Roland intrattenevano comuqnue comunicazioni per altre vie e, in caso di emergenza, il figlio di Sallister non esitava a contattare il suo braccio destro telefonicamente. Ciò che Jake non riusciva a spiegarsi, di conseguenza, era il perchè di quella visita improvvisa: i colpi di testa di Roland non gli erano sconosciuti ma anche visite di quel tipo avevano sempre un secondo fine, una loro funzionalità... e la calma delle ultime settimane non poteva non portare Jake a chiedersi il perchè di quella visita.
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    21 ANNI // CONDIZIONAMENTO MENTALE // TENTATORI

    La scacchiera giaceva intoccata sul tavolino di fronte a me, i pezzi ancora tutti schierati al loro posto, mentre il mio sguardo si perdeva assorto sul profilo degli edifici illuminati dalle prime luci, incorniciati dalla finestra del mio piccolo soggiorno. Le dita affusolate e nivee seguirono pigre il profilo della corona del Re, intagliata con grande maestria in un blocchetto di scuro mogano che faceva risaltare la nota fredda della mia pelle, diafana sotto il sole nascente. Avrei dovuto dormire. Avrei voluto non pensare, se ciò mi fosse mai stato possibile, avrei voluto non dover constatare, per l'ennesima volta, che il mio piano era fermo in uno stallo fastidioso e improduttivo, un po' come quella partita che non avevo avuto la forza di cominciare. No, ciò che mi mancava non era la forza, ma la concentrazione su quei riquadri bianchi e neri, persa com'ero nell'analizzare una scacchiera molto più grande. I pezzi erano tutti in campo, gli schieramenti definiti con logica chiarezza. Con qualche fastidiosa eccezione. Sollevai fra le dita il Re Nero, guardando quella piccola pedina come se potesse rispondere alle mie domande inespresse. Avevo bisogno di alleati per il mio progetto, ormai mi era evidente che, per quanto occupassi un ruolo di prestigio nella società come quello di Direttrice, il cambiamento non potesse partire da me soltanto. Il mio alleato avrebbe dovuto essere furbo, noto per una maggior presa sulle masse, molto cauto. E questo ci riportava a quella fastidiosa eccezione nella scacchiera, quella che avevo provato ad eviscerare da sola senza successo. Un solo nome sembrava incarnare alla perfezione quei requisiti, nonostante non fossi certa del suo ruolo in quella partita. Bianco o nero?Roland Sallister Deschain. mormorai sulla scia dei miei pensieri, mentre le dita facevano girare quella figura stilizzata con lentezza, gli occhi di ghiaccio fissi su quella corona che avrebbe potuto simboleggiare un ottimo alleato od un temibile nemico. Per quanto avessi indagato su di lui, nulla di nuovo era emerso a completare il quadro che già avevo dell'uomo. Animato dall'odio per il padre, slegato da una Fazione che non lo aveva eletto nonostante fosse il favorito e che aveva attaccato qualche tempo addietro. Tutto faceva ben sperare, per il mio intento. Ma il fatto che si fosse fatto da parte, defilato in un certo senso, stonava incredibilmente con ciò che di lui avevo appreso sino a quel momento. Perché? Che gioco stava facendo, fuori dalla scacchiera della politica? Quello che stava progettando -perché ero fermamente convinta che non si fosse semplicemente ritirato senza avere le mani in pasta in qualcosa di grosso- avrebbe potuto essere utile ai miei scopi? C'era solo un modo per scoprirlo, e se vuoi attirare l'attenzione del Re...passa attraverso la sua Regina. Avrei avuto le informazioni che volevo, ad ogni costo.

    Una mano era premuta al fianco, dove un piccolo rivolo di sangue aveva impregnato la maglia e tingeva le dita di una vena sanguigna che stonava con il biancore della mia pelle. Avrei potuto ricostruire una ferita con il mio Dono, ma dato che il mio programma quel giorno prevedeva una quantità già massiccia di manipolazione, quella sarebbe stata l'unica cosa vera che avrei mostrato a Lake Chambers, il fido mastino (che era più un cucciolo di Pomerania ai miei occhi, ma okay) di Roland. Sanguinare avrebbe reso le mie reazioni più vere, il dolore mi avrebbe obbligato a rimanere concentrata, a tessere una ragnatela d'inganno così fitta che il povero Cacciatore non avrebbe potuto rifuggire. E con un ultimo, profondo respiro, premetti le dita sul citofono, allungando il mio potere verso quella casa, quella mente che sembrava appena intorpidita, come negli istanti iniziali che seguivano un profondo sonno. Meglio così, se non avesse prestato la dovuta attenzione ai dettagli Jake Chambers avrebbe aperto con più facilità la sua porta al lupo. Sapevo quale inganno avrei dovuto tessere quel giorno, lo avevo minuziosamente preparato, e lo lanciai nella sua mente quando i suoi occhi visualizzarono la retroilluminazione del videocitofono. Ora ero Roland Deschain, lo sguardo concentrato ed affiato, i capelli leggermente in disordine come dopo un combattimento o una fuga. I vestiti erano classici, un po' come in tutte le apparizioni di Roland, protetti da un pesante cappotto che in quel momento era ripiegato sul braccio, a coprire la ferita che mi ero autoinferta al fianco. Era stato difficile simulare da sola una collutazione con il mio coltello da cucina, ma il risultato era molto realistico...e doloroso. Cosa che mi portò ad aggrottare impercettibilmente le sopracciglia, un'espressione che si riflesse sul viso di Roland mentre il cancelletto scattava aprendosi. Beh, se mi ero preoccupata di entrare, dovevo ammettere che quello era stato abbastanza semplice. E adesso iniziava la vera sfida! Senza esitazione, come se conoscessi quella casa da sempre, varcai il confine della proprietà lasciando che il cancello si richiudesse da solo, e mi avvicinai alla porta con il passo lungo e sicuro che Roland aveva sfoggiato le poche volte che ci eravamo incrociati, gli occhi fissi sulla porta davanti alla quale in una manciata di secondi apparve Jake Chambers. Il ragazzo avrebbe visto il classico Roland avvicinarsi, lievemente accigliato e mortalmente serio, un braccio premuto contro il corpo mentre l'altro dondolava in maniera minima per il movimento del corpo, la mano infilata nella tasca dei pantaloni. Una vista che probabilmente lo portò a chiedergli solerte se fosse successo qualcosa di grave, mentre gli lasciava lo spazio per entrare senza ulteriori indugi. Quindi era così, eh? Bene, era arrivato il momento di calarsi nella parte, e vediamo quanto Chambers conosceva davvero il suo amico tanto da cogliere l'inganno. Aspettai di essere in casa di Jake per dire qualsiasi cosa, e una volta voltata verso il ragazzo scostai il cappotto dalla ferita, lo sguardo adombrato da una concentrazione quasi truce, come se stessi meditando la fine del mondo in quei pochi istanti di silenzio. «Le acque si stanno smuovendo, Jake.» fu l'unica cosa che dissi con voce leggermente trattenuta, prima di lasciar cadere il cappotto sulla poltrona più vicina, con la chiazza di sangue vermiglio rivolta verso l'alto per non macchiare i mobili del mio presunto migliore amico. Dio, quella casa era un casino! E non stiamo parlando dell'incapacità di arredo, quanto piuttosto della quantità impensabile di roba elettrica e tecnologica che letteralmente tappezzava quel posto. Trattenni un'espressione stupita che avrebbe stonato sul viso del Cacciatore che stavo impersonando solo per Mr. Chambers, e mi portai le dita alla radice del naso, stringendo appena, come se stessi provando a ritrovare la calma dopo uno scatto d'ira o un profondo stato d'irritazione. Giustificato, dato che in teoria ero appena stato accoltellato. Non credevo che Roland avrebbe dovuto giustificare la sua presenza lì, era plausibile che una volta ferito ricercasse la familiarità della casa del suo migliore amico, il che mi apriva la strada per la fase due, sperando che Chambers collaborasse. Altrimenti beh, sarei stata decisamente meno simpatica con quel Cacciatore. «Odio essere frettoloso e rivedere i tempi ma...devo sapere che è tutto pronto. Devo, Jake.» rimarcai con profonda serietà sollevando gli occhi sull'uomo ad appena qualche passo da me, come se aspettassi che leggesse nei miei occhi quel bisogno spasmodico ma freddo che avevo di sentire un va tutto bene, siamo pronti. Non si sarebbe abbassato a chiedere il caro Roland, non è vero? «Potremmo doverci muovere prima del previsto.» conclusi con una nota leggermente più grave, mentre l'ombra che aveva adombrato il mio sguardo ritornava a calare sui miei occhi, come se odiassi il dover anche solo ammettere una cosa simile. Mh, giocare ad essere Roland pareva quasi divertente. Camminai verso la finestra, concedendomi una fuggevole occhiata all'esterno mentre la mia mano tornava a coprire la ferita, prima di tornare a voltarmi verso il signor Chambers in attesa dei suoi preziosi aggiornamenti. In fretta speravo, perché quella che sanguinava purtroppo ero io, non un mera illusione.
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    Roland Sallister Deschain era un mistero per tutti, persino per Jake che lo conosceva da anni. C'erano tratti nel carattere di Roland, impossibili da decifrare, scelte che l'uomo compiva che non erano inquadrabili in uno schema e non tutta quell'imprevedibilità era frutto del suo dono. Il fatto che il Siero avesse fatto di Roland una variabile impazzita, a detta di Jake, non poteva essere solo un caso: quel composto chimico in grado di agire con il DNA umano funzionava in modi che il cacciatore non conosceva, ma la vita gli aveva dato modo di credere che gli infiniti doni che si sviluppavano non fossero altro se non un riflesso delle infinite sfaccettature caratteriali dell'essere umano. Bruce Sallister aveva ideato quella formula per imbrigliare le emozioni, per schematizzarle e impedire il loro sviluppo completo... ma dove finivano, quelle emozioni? Jake era dell'idea che non potessero essere semplciemente messe sotto chiave e, se non potevano esprimersi in maniera naturale, perchè non farsi largo nel mondo tramite i doni? Salvo rare eccezioni, i doni rispecchiavano l'indole di chi li portava, erano il riflesso di un'anima, quella scappatoia dalle catene della società. Che dono avrebbe potuto dare a sé stesso Jake Chambers se non la tecnopatia? E quale dono avrebbe visto indosso al leader del Pandemonium se non il controllo delle ombre? Di riflesso, egli credeva che il dono di Roland non fose altro che la pura espressione dell'animo del suo mentore: un animo complesso, indecifrabile, mutevole come acqua corrente e letale come un fiume in piena... quel potere non era altro che l'espressione massima dell'essenza di Roland: un chaos costruito ad arte. L'unico problema di quei doni erano gli effetti collaterali, alle volte devastanti, come nel caso di Roland. Jake, in ogni caso, anche se non avrebbe potuto affermare conc ertezza se le scelte del Cacciatore erano dettate in tutto e per tutto dalla sua volontà, era certo che le voci avessero un ruolo marginale nelle scelte che compiva: potevano disturbarlo, ma la decisione ultima era sempre di Roland, poichè l'uomo avrebbe preferito morire piuttosto che perdere sé stesso a tal punto che aveva obbligato Jake a giurare di ucciderlo se fosse stato necessario. Ma la forza per ammazzare Roland, probabilmente il ragazzo non la avrebbe avuta mai. Nel lasciarlo entrare, Jake cercò di studiarne i movimenti, le espressioni per capire davanti a quale Roland si trovava: era lucido? Sul punto di cedere ad una crisi? Nulla in Roland gli pareva diverso dal solito se non forse l'aria trafelata, troppo trafelata per una normale domenica mattina.

    E poi la vide: la macchia sul cappotto, la mano di Roland premuta contro il fianco. In un istante, l'espressione di Jake cancellò la precedente, lasciando spazio solo ad un'ondata di preoccupazione.Con sguardo vigile osservò Roland afferrarsi il collo del naso, in un gesto che gli era usuale: Jake avrebbe potuto riempire un calendario con tutte le volte che lo aveva visto assumere quella medesima espressione quando qualcosa lo turbava o lo indispettiva... dalla questione Bruce Sallister ad un'infelice battuta di Eddie Dean. Smuovendo? Roland ti hanno pugnalato! eslcamò allargando le braccia, mentre lo osservava avvicinarsi alla finestra del soggiorno; lasciò ricadere le braccia e, con uno sbuffo, si avviò a passo sicuro verso uno dei mobili. Nonostante il caos presente in casa, Jake sapeva dove trovare ciò che cercava e come muoversi senza rischiare di inciampare in qualche filo o, peggio ancora, rischiando di calpestare qualche prezioso dispositivo vintage recuperato a questo o quell'asta. Sguazzava nella tecnologia da prima ancora di saper leggere, Jake Chambers, e in nessun altro contesto si sarebbe sentito altrettanto a casa. Pur avendo trascorso molto tempo tra le mura della dimora di Roland, finiva sempre col sentire la mancanza del suo arsenale di compagni tecnologici, con cui intratteneva conversazioni che avrebbero fatto la gioia degli strizzacervelli. Se andassimo in terapia assieme, faremmo impazzire gli psicologi aveva detto una volta a Roland, ma l'altro non l'aveva presa molto bene: aveva affermato che c'era un'abisso tra il parlare con degli elettrodomestici - che effettivamente rispondevano a Jake, sebbene tramite impulsi udibili solo a lui - e setire delle voci nella testa. Non sembra grave, ma potresti almeno dirmi chi ti ha aggredito! eslcamò, mentre apriva un cassetto recuperando un kit medico: Roland era entrato in casa sua con le sue gambe, non stava imprecando a denti stretti e non era più pallido del solito, segno che non era in fin di vita ma Jake non lo avrebbe comunque lasciato sanguinante in mezzo al suo salotto. Lo aveva visto in condizioni ben peggiori e sapeva che era inutile farne un dramma... ma se in que momento il figlio di Sallister stava bene, comunque Jake nons apeva ancora cosa bolliva in pentola e quanto icnasinata fosse la situazione. Recuperato il necessario per il primo soccorso, Jake lo posizionò in un angolo libero del tavolino del soggiorno, tornando a guardare Roland, con espressione stupita. Aprì la bocca per parlare, ma poi la richiuse, sopprimendo la risposta impulsiva che aveva attraversato la sua mente: mai parlare a vanvera quando Roland era in quello stato.

    Jake Chambers era uno che non le mandava a dire e che, spesso e volentieri, non aveva un filtro tra il cervello e la bocca... non al pari di Eddie - che non ragionava mai su cosa dire prima di farlo, con gran dispiacere del figlio di Sallister - ma gli veniva naturale dire ciò che pensava, specialmente con Roland; non c'erano mai stati paletti, tra loro, non nell'esprimere le proprie opinioni. Te ne pentirai gli aveva detto senza troppi preamboli quando Roland aveva infine deciso di accordarsi con Adrian ed era ancora fermamente convinto di averci visto giusto. Per quanto il giovane anarchico non fosse un argomento di cui parlavano spesso, Jake sapeva che Roland, pian piano, stava iniziando a dargli ragione. In quel momento, tuttavia, mandare a quel paese il suo capo sarebbe stato controproducente. E' pronto, ma devo finire i test, te l'ho detto preferì rispondere, con calma, mentre a passo incerto si avvicinava al Cacciatore, porgendogli garze e il necessario per disinfettare la ferita ...sai quanto è paranoico tuo padre, quel sistema di sicurezza è un'inferno! Anche col mio dono ho bisogno di tempo per controllarlo tutto! rimarcò, cercando il suo sguardo, per sondarne le reazioni. L'ingresso di Nalani nella vita del Cacciatore, aveva messo Jake sulla difensiva: non sapeva più quanto in là poteva realmente spingersi con Roland, quanto potesse osare con le sue parole e anche se il Cacciatore gli aveva lasciato intendere che nulla sarebbe cambiato, Jake non poteva fare a meno di muoversi con più prudenza. L'ultima volta che aveva visto Roland - circa due settimane prima - Jake gli aveva spiegato che, pur avendo accesso al sistema informatico della capitale, sondarlo alla ricerca di eventuali sistemi di protezione aggiuntivi era tutto fuorchè facile, persino per qualcuno come lui. Pur combinando conoscenze di informatica, tecniche di hackeraggio e il suo dono, aveva bisogno di più di una manciata di settimane per assicurarsi che, una volta lanciato il messaggio, questo non potesse essere bloccato, deviato o intercettato in alcun modo: doveva fare dei test ed era un lavoro che richiedeva uno sforzo immane e, dopo ogni seduta, Jake si ritrovava talmente spossato da aver bisogno di ore, se non giorni addirittura, prima di poter tornare anche solo ad inviare un sms col pensiero. Se normalmente far fare agli elettrodomestici qualcosa di così semplice come scrivere un messaggio e inviarlo con la sola volontà richiedeva un lasso di tempo infinitesimale, dopo i test col programma Jake aveva bisogno di molto più tempo per eseguire un compito così elementare... se ci avesse provato prima, probabilmente si sarebbe fritto il cervello, andanto in cortocircuito come un computer qualsiasi. E Roland lo sapeva; era stato lui stesso ad invitarlo ad essere prudente non solo per non farsi scoprire da Bruce Sallister, ma anche per non rischiarci la salute: Jake era l'unico che poteva connettere il Pandemonium con i sistemi di comunicazione mondiale e se fosse morto durante le prove generali, tutto il piano sarebbeandato in fumo. E per quanto trovasse allettante l'idea di sabotare Adrian Bukowski e il suo prezioso messaggio nell'etere, Jake teneva troppo alla pellaccia per suicidarsi così spassionatamente senza una valida ragione; inoltre, era stato lo stesso Adrian a chiedere che il programma fosse perfetto e inattaccabile ed era certo che Roland non avesse in programma di incontrare il leader del Pandemonium in quelle due settimane appena trascorse, poichè voleva attendere che Jake finisse i test, per andare da Arian forte di quel risultato. Si può sapere chi ti ha aggredito? Il tuo prezioso alleato ha improvvisamente deciso che non gli serviamo più se non possiamo agire adesso? L'ultima volta che ci ho parlato, non m sembrava avesse chissà quanta fretta di sbattere tuo Padre giù dal piedistallo! eslcamò, in una risposta forse fin troppo acida persino per lui. Ma, del resto, quando si trattava di Adrian, Jake era sempre propenso a perdere le staffe: non avea dimenticato l'espressione del giovane leader del Pandemonium, le sue parole di sufficienza...nè il suo sguardo. Jake sapeva di essere in cima alla lista dei "soggetti sacrificabili" di Adrian Bukowski e, per quella ragione, aveva smesso di chiamarlo per nome, come se così facendo potese tenere le sue ombre lontano da sé. Roland gli aveva lasciato intendere che Adrian non lo avrebbe toccato, ma l'astio nei confronti del ragazzino non era di certo scemato dopo quella rassicurazione; al contrario, Jake continuava a guardare a quell'alleanza con sospetto poichè diventava sempre più pericolosa, giorno dopo giorno... e mettere in guardia Roland era l'unica cosa che poteva fare. E quelle frecciatine erano l'unico modo che conosceva per farlo in maniera indiretta, così da non rischiare di far innervosire Roland, già abbastanza provato da quella scomoda situazione.
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    «Smuovendo? Roland ti hanno pugnalato!» constatò con tono tra l'esasperato ed il preoccupato Jake Chambers, spalancando le braccia come si aspettasse che uscissi di testa per una coltellata da cucina. Il mio sopracciglio destro si sollevò appena mentre mantenevo la mia espressione seria e il ragazzo sbuffava, dandomi le spalle per dirigersi ad uno di quei mobili carichi di utensili, schermi e cavi oltre la massima portata. Come facesse il pavimento a reggere tutta quella roba ed allo stesso tempo il peso di Jake era un'incognita, un vero miracolo d'ingegneria architettonica. Non gli mancava spazio, a vivere con tutti quegli oggetti attorno? Ero sempre stata una fan dell'arredamento minimal e del motto l'ordine dell'ambiente rispecchia l'ordine dello spirito, quindi potete immaginare il senso di leggera claustrofobia che mi attanagliava lì dentro. Ma a ciascuno il suo hobby, ed io non ero certo lì quel giorno per discutere di quanto il suo fosse ingombrante. «Non sembra grave, ma potresti almeno dirmi chi ti ha aggredito!» continuò il ragazzo, a cui non risposi per spingere sulla prima di tante richieste che gli avrei rivolto quel giorno. E se per un attimo sembrò spiazzato, quasi indeciso se parlare o meno, dopo qualche istante di silenzio mi diede ciò che volevo, mentre mi si avvicinava cauto con il necessario per bendare la ferita. E ciò che appresi da quelle poche parole fu una vera illuminazione, un fuoco d'artificio nella mia giornata: stavano sabotando il vecchio volpone! Avrei tanto voluto battere le mani per la felicità e salutare Mr Chambers dicendogli che era stato davvero un piacere farmi raccontare qualche sporco segreto da lui, ma ero una ragazza avida di notizie, e per quanto quell'affermazione fosse esattamente ciò per cui lo avevo disturbato, non vedevo l'ora di averne ancora. Così mantenni la maschera che stavo calzando per il Cacciatore, limitandomi ad affilare lo sguardo nella riproduzione di un'espressione lievemente seccata, quasi...impaziente. «Quando abbiamo cominciato sapevamo che non sarebbe stato semplice.» dissi con la voce di Roland, le parole calme nonostante le sue labbra fossero tese per la frustrazione in una linea sottile. Evitai per un istante di guardarlo, fissando un punto imprecisato della parete mentre pronunciavo quelle parole, e poi gli occhi di cristallo di Roland tornarono sul suo migliore amico, mentre la voce si abbassava di un'ottava, come per sottolineare la solennità di ciò che stavo per dire. «Il punto è che di tempo potremmo non averne molto, Jake. E non ho bisogno che tu mi prometta che farai tutto ciò che puoi, perché lo so. Solo...» continuai con uno sguardo serio rivolto al ragazzo, ancora davanti a me con l'occorrente per una medicazione stretto fra le mani. «...no, va bene così. Il tempo che ti serve affinché sia tutto perfetto.» conclusi dopo una leggera pausa con una lieve scossa del capo, che fece dondolare i capelli castani di Roland con calcolata precisione. Sbilanciarsi troppo era sempre un rischio nell'impersonare qualcuno che non si conosce troppo bene, dovevo evitare di scatenare forti reazioni in Jake, per mantenere più a lungo la mia copertura. Quindi evitare di trascinare un discorso che avrebbe potuto stonare sulla bocca di Roland era l'opzione migliore. Presi dalle mani di Jake il disinfettante e le bende, per medicarmi da sola perché le mani di uno sconosciuto sul mio corpo, benché quello che Jake vedeva fosse quello di Roland, non erano ben accette. Sollevai appena la maglia, scoprendo nella mente di Jake solo una parte del bassoventre di Roland, e con un gesto metodico versai un po' di disinfettante direttamente sulla ferita, stringendo appena gli occhi prima di tamponarla con una garza per non far colare liquido ovunque. «Si può sapere chi ti ha aggredito? Il tuo prezioso alleato ha improvvisamente deciso che non gli serviamo più se non possiamo agire adesso? L'ultima volta che ci ho parlato, non mi sembrava avesse chissà quanta fretta di sbattere tuo Padre giù dal piedistallo!» mi pungolò Jake seccato, facendomi sollevare appena il capo nella sua direzione. Un altro giocatore? Contro Sallister? Oh, troppe buone notizie in un sol giorno, quando ormai credevo di non potermi più sbloccare da quella fastidiosa impasse! Roland vestì un'espressione stanca, come se il peso di quella ferita si fosse manifestato solo in quel momento, e con un sospiro cominciai a bendare il taglio, ora libero da qualsiasi grumo di sangue che avrebbe solo rallentato il processo. «Lo so che non ti piace, ma ci serve replicai, concentrata sulle garze che avvolgevo con gesti rapidi e precisi attorno ai fianchi mascolini. «E ci serve anche agire con cautela, non possiamo rischiare.» aggiunsi, fissando poi le bende con un nodo saldo, per evitare che si muovessero scoprendo nuovamente la ferita e causando magari un'infezione. Tirai indietro i capelli corvini quando quell'operazione fu finita, risollevando lo sguardo su Jake ancora in attesa di una spiegazione. E quella volta fui io ad aprire le braccia, un tono leggermente frustrato che di nuovo affiorava alle mie labbra. «E non so chi fossero, va bene? Non li ho riconosciuti, non credo fossero Cacciatori. Sono stati rapidi e soprattutto...sono spariti dopo il primo colpo, dileguati in mezzo alla folla. Maledizione.» conclusi con un sibilo seccato, accarezzandomi le tempie con le dita e corrugando la fronte, come se mi fosse sopraggiunto al solo pensiero un forte mal di testa. Quanto potevo spingermi in là con quella farsa? Quanto sarei riuscita a scoprire prima che Chambers cogliesse l'inganno? Su dolce Jake, dammi una mano! «Dammi qualche buona notizia, una qualunque, è stata una pessima giornata e sento la testa scoppiare.» dissi con un timbro stanco ma combattivo, tornando a pizzicarmi la radice del naso fra pollice ed indice, poggiando la spalla al vetro della finestra affinché sostenesse il mio peso, stando ben attenta a camuffare agli occhi dell'uomo anche il mio riflesso. Volevo qualcos'altro di utile...ne volevo sempre di più.
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    Jake sentiva la tensione accumularsi sottopelle, mentre si apprestava non solo ad aiutare Roland a medicarsi, ma anche ad ascoltarlo: più passavano i giorni, più la situazione mentale dell'uomo diventava precaria e per quanto Jake lo avesse studiato, dientava complicato anche per lui prevedere le mosse del figlio di Sallister. Aveva stilato un inventario, di quelle crisi, segnandone la data, il grado d'intensità, la durata, i tempi di recupero, le cause - quando eran note - e gli intervalli tra una e l'altra. E i dati di quello studio avevano un qualcosa di sconcertante: negli utlimi sei mesi, erano aumentate non solo di frequenza, ma anche d'intensità... e il tutto coincideva con due avvenimenti ben precisi: l'attentato a Nalani Eos e l'accordo con Adrian Buowski. Inoltre, Jake aveva la certezza che le voci si fossero aizzate contro Roland al concerto su ordine di Allie, proprio a causa di Nalani... ma, nonostante quel dettaglio, egli era convinto che il vero pericolo non andasse ricercato nella Direttrice dei Protettori, poichè di lei Roland aveva assorbito ricordi e non personalità. No, il problema è quel piccolo bastardo rivoluzionario. Più il tempo passava, più Adrian si rivelava un alleato sì utile, ma pericoloso, e nonostante Roland avesse assorbito la personalità del ragazzo per una manciata di secondi, jake era ben propenso a credere che i residui lasciati fossero molto più intensi di altri. Ma qualunque fosse la causa di quel picco nella frequenza e nell'intensità delle crisi, non aveva poi molta importanza: ciò che contava era il fatto che Roland rischiava di perdere il controllo da un momento all'altro. Quando abbiamo cominciato sapevamo che non sarebbe stato semplice. Il punto è che di tempo potremmo non averne molto, Jake. E non ho bisogno che tu mi prometta che farai tutto ciò che puoi, perché lo so. Solo......no, va bene così. Il tempo che ti serve affinché sia tutto perfetto.Cos'è che non vuoi dirmi, Roland? si domandò il Cacciatore, a seguito delle prime affermazioni del suo mentore, incapace di trattenersi dal mordersi il labbro inferiore. Gli metteva fretta per poi tirarsi indietro...incoerente, forse, ma tipico di Roland quando le emozioni ci mettevano lo zampino...ma perchè non spiegargli le ragioni di tutta quell'urgenza? Perchè non dirgli cosa lo portava ad affrettare i tempi? Aveva aspettato per anni, continuava ad aspettare perchè non voleva sprecare le occasioni...a cosa era dovuta tutta quella fretta? Roland non era come Bruce Sallister: era previdente, ma non paranoico, dunque per quale ragione un simile comportamento? Doveva essere successo qualcosa per spingerlo a comportarsi così. Di conseguenza Jake non potè fare altro se non avanzare un ulteriore domanda sugli aggressori: forse, la chiave di volta era lì. Così, ignorando il commento su Adrian - Jake sapeva sin troppo bene quanto, sfortunatamente per loro, il leader del Pandemonium fosse utile alla causa - proseguì imperterrito con i suoi intenti, muovendosi poco e limitandosi ad osservare Roland, indugiando forse un pò troppo a lungo sulla medicazione che l'uomo stava applicando alla ferita.

    Voleva una buona notizia, il Cacciatore, ma Jake non ne aveva per lui neanche una: il figlio di Sallister lo aveva lasciato senza istruzioni, proprio per permettergli di lavorare al programma, per non sobbarcarlo di ulteriori compiti così da essere pronti per ogni eventualità... e ora appariva lì, in casa sua, chiedendogli rassicurazioni che, lo sapeva bene, Jake non poteva dargli. Accusando di un attacco da parte di sconosciuti, senza avanzare la benchè minima ipotesi sull'identità degli aggressori. Ecco, quello stonava in tutto quel quadro. Non le movenze di Roland, non il suo tono di voce, non le sue espressioni: quella frase era troppo fuori luogo per il Cacciatore. Jake poteva capire l'impazienza ben presto sostituita da prudenza, perchè non era estraneo agli sbalzi d'umore del Cacciatore, così come poteva capire l'emicrania, probabilmente causata dal vociare sconnesso delle personalità nella sua testa... ma non era da Roland non focalizzarsi sul nemico. Egli era troppo vendicativo, troppo rancoroso per lasciar correre un torto, uno qualsiasi, anche se di portata infinitesima come quella. Quella risposta frustrata era perfetta, calzava come un vestito fatto su misura alla personalità del Cacciatore, ma il fatto che a quel maledizione non fosse seguita un'ipotesi ad alta voce... no, quello era troppo strano. Con un'espressione corrucciata, Jake recuperò il kit medico e diede le spalle al Cacciatore per andare a riporre la scatola al suo posto, ora che Roland si era medicato. Sempre se si tratta di Roland... pensò; dubitare gli sembrava stupido, assolutamente assurdo, eppure...Sono le otto e mezza di mattina: se la tua giornata fa già schifo adesso, forse ti conviene non uscire di casa per un pò gli disse, in una battuta infelice in stile Chambers, mentre richiudeva il cassetto con uno scatto. Dopodichè, tornò a voltarsi verso l'uomo fermo contro la sua finestra, poggiandosi contro il mobiletto che oscillò pericolosamente: già carico di cianfrusaglie, il peso di Jake lo fece cigolare; parte degli oggetti tecnologici traballò e Jake vi posò sopra una mano, per impedire loro di cadere...quantomeno all'apparenza. E da lì non si mosse, indeciso sul da farsi. Roland gli aveva chiesto una buona notizia, e lui non ne aveva, il che avrebbe potuto suscitare un'infinità di reazioni diverse...una più pericolosa dell'altra. La vera domanda era quanto era disposto a rischiare di scatenare l'ira del Cacciatore, quanto voleva avvicinarsi a replicare quella sera nefasta a Villa Deschain. Ma se fosse sull'orlo di una crisi, non sarebbe uscito di casa pensò meccanicamente, mordendosi il labbro inferiore. Roland aveva mal di testa e mal di testa significava voci nel linguaggio del Cacciatore... ma con le voci a briglia sciolta, Roland non si faceva vedere da nessuno, neanche da Jake, se non in casi eccezionali. E quello, al cacciatore, non sembrava un caso eccezionale: non vi era niente di degno di nota che potesse spignere ad arrischiarsi a mettere in pericolo le persone a cui teneva - perchè, Jake lo sapeva, era quello che portava Roland a voler affrontare quella battaglia da solo - perchè Roland sapeva che Jake non aveva informazioni da dargli. E, a quanto pareva, nemmeno Roland aveva informazioni per lui. E mai, in dieci anni, Roland si era degnato di far visita a Jake per pura cortesia: non era nel loro stile, non ne avevano mai avuto bisongo. Quindi, o Roland stava totalmente ammattendo ...o quello non è Roland. Quell'ultima idea gli fece accapponare la pelle, perchè apriva troppi scenari, uno più brutto dell'altro e Jake non sapeva scegliere quale fosse realmente il più infelice. Che qualcuno ne avesse assunto le sembianze? Con l'infinità di doni presenti, poteva non essere improbabile che qualcuno avesse una capacità simile. Oh Gesù fa che non abbiano preso il sorpavvento le voci! pensò, sforzandosi di non mostrare la tensione sul suo viso: se quell'ultima fosse stata l'opzione corrispondente a verità, gli inquilini della mente di Roland avrebbero avuto mille e più ragioni per farlo fuori. E se così fosse stato, arebbe dovuto tener fede alla sua promessa. Comunque stiano le cose, io ti servo bisbigliò pigramente uno dei Teser da lui stesso modificati, abbandonato tra mille altri oggetti lì, sul mobile sul quale Jake aveva messo le mani; era ad un soffio dalla sua mano destra, ma se si fosse mosso per prenderlo, Roland se ne sarebbe accorto. Ho visto Matthew questa settimana disse, infine, pronto a muoversi se Roland fosse scattato ...abbiamo parlato di Allie concluse, stringendosi nelle spalle, abbassando leggermente il capo, prima di puntare gli occhi in quelli di Roland, abbozzando un mezzo sorriso. Aveva lanciato il sasso. Ora doveva solo aspettare una reazione. Era stato Jake a mandare Roland da Mattew Murphy, ma Roland non gli aveva detto perchè aveva bisogno di vederlo...del resto Allie era sempre stato un argomento tabù tra loro. Quella morte che li aveva uniti era un argomento troppo delicato per essere affrontato e, di conseguenza, Roland non gli aveva detto nulla, pur consapevole del fatto che Jake avrebbe indubbiamente avuto informazioni dall'amico in grado di viaggiare nel tempo. E così era stato: Matthew aveva riferito e Jake sapeva che Roland era andato nel passato per metterci una pietra sopra: per vederla morire di nuovo. Jake non aveva nulla da recriminare a Roland, sapeva quanto l'uomo soffrisse ancora per quella dipartita e se aveva deciso di tirare in ballo proprio sua sorella, la ragione era semplice: dalla reazione di Roland, avrebbe saputo cosa aspettarsi. Sguardo basso, addolorato, avrebbe saputo che era lui, perfettamente lucido..e forse il teser non sarebbe servito. Se si fosse messo sulla difensiva, anche quello sarebbe stato normale...se non lo avesse fatto con eccessiva scontrosità. Se si fosse mostrato infastidito da quell'insinuazione, Jake avrebbe avuto bisogno del teser. Qualunque altra reazione, qualunque altra affermazione, e Jake avrebbe saputo che la persona che aveva davanti non era Roland. Allie, morta così giovane, era caduta ben presto nel dimenticatoio: ricordata da familiari ed amici, per la società era scomparsa nel nulla e, ad eccezione di Roland, solo alcuni salvatori sapevano di lei, otlre a pochi altri eletti, amici molto stretti di Jake. Nelle conoscenze di Roland, solo Nalani e Anne Marie sapevano; nessun altro associava quel nome a Roland, perchè l'uomo era sempre stato bravo a nascondere quella debolezza. Le voci sapevano di Allie - lei stessa coesisteva con loro nella mente del Cacciatore - ma la loro reazione a quel nome non sarebbe stata in grado di imitare quella spontanea di Roland. E Jake aveva fatto quell'affermazione vaga volontariamente, in risposta alla richiesta di "buone notizie": se fosse stato Roland quello che aveva davanti, probabilmente così facendo Jake avrebbe acceso una discussione o, in alternativa, rievocato ricordi spiacevoli... ma, alla fine, il suo mentore lo avrebbe perdonato. In caso contrario bhe...Jake avrebbe agito di conseguenza. L'unica incognita, era un eventuale silenzio da parte dell'uomo, ma al silenzio si sarebbe comunque accompagnata un'espressione e quella sarebbe stata la sua chiave di lettura.
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    Lilian Cheever Roland Sallister Deschain
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    Tutto in quella scena che si stava consumando in casa Chambers avrebbe fatto pensare alla normalità, per quanto la vita di Roland e del giovane Cacciatore potesse definirsi tale. Jake era disteso, spontaneo, disponibile. Lo trovavo quasi simpatico in quel frangente, nonostante la sua stomachevole devozione al Cacciatore che stavo impersonando ovviamente, e avrei pure creduto che tutto stesse andando secondo i miei piani. Davvero, l'avrei fatto. Se solo, per sua grande sfortuna, non fossi stata nella sua testa. Fu un cambiamento improvviso, un impulso lanciato dal suo cervello che interferiva con il messaggio che io stavo trasmettendo: sentivo quell'ordine risalire in senso inverso rispetto al flusso del mio Dono, dal cervello agli arti, per reclamare una tensione ingiustificata del corpo, una difesa quasi istintiva e spaventata, avrei detto. Nell'attimo in cui avvertii quel segnale lasciare la tela del mio controllo, quando sentii i neuroni tendere ad una paralisi motoria e respiratoria istintiva ed incontrollata per quelle che erano frazioni di secondo, sbirciai per sicurezza nell'ipofisi di Jake, trovando esattamente la conferma che stavo cercando. Stava producendo ossitocina. Gran parte delle emozioni umane sono legate alla produzione di un qualche ormone nel cervello, che viene poi rilasciato in quantità variabile all'interno del corpo e che causa la reazione più o meno rapida dei muscoli, la variazione di battito e respiro. L'ossitocina in particolare, pur essendo noto come ormone dell'amore, era prodotta anche in caso di paura o in stati di ansia e stress. Ne seguii in un battito di ciglia il percorso, andando a saggiare i ricettori del setto laterale, trovandoli anormalmente sovreccitati. Non era accaduto nulla in quella stanza che avesse potuto spaventare il signor Chambers, nulla se non una discussione un po' strana ma innocua, che sembrava però aver messo il giovane Cacciatore sulla difensiva. Mh che bravo, stava già dubitando? Il ragazzo tuttavia abbozzò un mezzo sorriso, nonostante i suoi livelli di stimolazione continuassero ad aumentare regolarmente, come se l'ansia o la paura stessero crescendo. Ero una perfezionista nelle mie manipolazioni, se non avessi fatto caso a quel dettaglio probabilmente sarei già stata fulminata da chissà quale diavoleria tecnologica. E invece, grazie al cielo, ero una paranoica con manie di controllo. Una paranoica con manie di controllo che probabilmente si sarebbe salvata dall'essere scoperta così presto, dubitando della reazione così affabile di Jake nonostante il subbuglio emozionale che stava coinvolgendo la sua mente. Era spaventato, ma NON VOLEVA che lo notassi, dandomi quello che volevo senza esitazione. «Ho visto Matthew questa settimana...abbiamo parlato di Allie.» mi rispose infatti pacato e calmo, i muscoli ancora in tensione stando ai messaggi del suo cervello, come se fosse pronto a lanciarmisi addosso non appena avessi aperto bocca. Perché? E come mi feci quella domanda, la risposta si presentò al mio cervello con un'ovvietà disarmante: mi stava testando, come il suo benedetto programma infiltrato nel Sistema del Governatore. Era un NERD, non faticavo a credere che quella soluzione fosse la prima che avessi preso in considerazione. Lo guardai in quegli istanti come le sue parole mi avessero levato ogni replica, la forza o la voglia di muovere anche solo un dito, prima che una debole contrazione della mascella solcasse il viso di Roland ed i suoi occhi si abbassassero verso il pavimento di casa Chambers. Le mie sinapsi lavoravano velocemente mentre la maschera vuota sul viso del Cacciatore permaneva in quei secondi di silenzio. Dubitavo che Jake volesse scatenare della rabbia in me, Roland doveva già essergli apparso innervosito, e la sua paura sembrava non avvallare l'ipotesi di un'ulteriore stuzzicata al mio autocontrollo. Non gioia, o non ci sarebbe stato motivo per quell'improvvisa paura, per quell'ansia sempre crescente. E tra le reazioni umane, una volta levate quelle citate sopra, qual'era la più sincera, la più immediata? La tristezza. Era un'ipotesi azzardata e lo sapevo, rischiosa, ma non conoscendo la situazione o le parti coinvolte, l'affidarmi al ragionamento e alle mie supposizioni era tutto ciò che mi restava. Avrei potuto tirarmi indietro e svelare il mio inganno, ma uno: ero troppo orgogliosa per arrendermi dopo così poco, e due...se lo avessi convinto con quella prova avrei avuto molto più di quanto avevo appreso sino a quel momento, puntando anche sul senso di colpa del Cacciatore per una frase che avrebbe potuto ferire Roland. Il motivo mi era sconosciuto, quindi dovevo essere cauta...e convincente. L'espressione vuota di Roland fu sostituita con calcolata lentezza da un accenno trattenuto di rammarico prima, una delle reazioni più comuni quando ad una persona orgogliosa veniva riaperta una ferita, e dolore trattenuto poi. Mi limitai ad una piega più morbida delle sopracciglia verso l'alto, ad un vago luccichio negli occhi che sostituisse quella tinta vacua e spenta mentre il fiato accelerava in modo appena appena percettibile, come in preda ad un nodo alla gola. Dubitavo che Roland avrebbe fatto una piazzata, o peggio che avrebbe pianto. Dubitavo anche che avrebbe così apertamente condiviso quelle emozioni che immaginavo private con qualcuno, anche se si trattava del suo migliore amico. «Davvero, Jake?» La voce ridotta ad un filo che sembrava incrinarsi da un momento all'altro per spegnersi nella sofferenza, nonostante il tono fosse trattenuto dal cacciatore in una nota monocorde, che doveva suonare lievemente distante, ma che dimostrava solamente quanto quelle parole avessero un peso diverso nella mente e nel cuore di Roland. Beh, di pseudo Roland, ma fa lo stesso. Quel davvero non era inteso come un "è vero?", ma piuttosto come un "perché lo stai dicendo?" ed era abbastanza certa di aver reso l'idea senza sbilanciarsi troppo, né nel commento, né nella reazione di Roland. Doveva solo sperare che questo fosse ciò che Jake si aspettava dal suo amico, quello che si aspettava da lei. E nel caso l'uomo non avesse abboccato a quella scenetta, pronto a saltarle alla gola...beh, l'avrebbe paralizzato completamente, staccandolo da sé stesso in un affascinante stato vegetativo temporaneo. Chi vuole fare il cactus oggi?
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    Qualcuno potrebbe sfruttarti...farti del male, per arrivare a me gli aveva detto Roland quando aveva preso il Diploma dell'Accademia, quando ormai era comunque troppo tardi per tornare indietro. Ai tempi, Jake aveva già fatto la sua scelta, aveva già messo le mani in quel mondo fatto di luci ed ombre che era la vita di Roland Deschain: un palcoscenico su cui si giocava una partita a carte coperte. Sempre in vista, ma mai davvero, questo era Roland Sallister Deschain, un attore in grado di vestire e svestire innumerevoli maschere, mischiando bugie a verità: alternava quelle parti di sé con talmente tanta frequenza che nessuno avrebbe potuto affermare con certezza quale fosse davvero il Cacciatore e quale la sua maschera. Non poteva farlo neanche Roland stesso ed era quella la sua forza: essendo in grado di ingannare anche sé stesso, per poi svelarsi autonomamente la verità che aveva magistralmente celato anche a sé, gli permetteva di raggiungere i suoi obiettivi. Per quella ragione, persino per Jake in certe circostanze era difficile leggere Roland: ma l'amore e la devozione che egli nutriva per l'uomo gli avevano permesso, nel corso degli anni, di affinare la sua tecnica, a tal punto da essere l'unico realmente autorizzato ad assistere alle crisi del Cacciatore: le monitorava, le studiava, alla ricerca di un algoritmo ricorrente, alla ricerca della chiave per fermarle. Ed era per quella ragione che Jake sospettava, in quel momento, di non trovarsi davanti a Roland. Quella nota stonata, in un discorso perfetto, era ciò che lo aveva messo in allarme: Jake non aveva mai provato sulla sua pelle le voci di Roland, ma ne conosceva gli atteggiamenti e gli umori e le aveva viste all'opera innumerevoli volte, in situazioni le più disparate, da una collutazione alla vita di tutti i giorni. E quella sarebbe potuta essere una voce, ma era una voce troppo lucida e nessuna delle voci poteva aver raggiunto un controllo di quel livello: a Jake non serviva ricontrollare i suoi tabulati per sapere che la mente del Cacciatore era ancora abbastanza elastica da non farsi sopraffare, visto e considerato che nessuna voce tra quelle già presenti, era abbastanza forte da vincere il gioco. Certo, Roland poteva aver assorbito altre persone in quel lasso di tempo trascorso dal loro ultimo incontro, ma il figlio di Sallister aveva dimostrato di essere diventato più prudente in tal senso. Dunque poteva forse essere arrivato il momento di cui Roland gli aveva parlato? Poteva davvero esserci qualcuno che, venuto a conoscenza del loro legame- non così sbandierato ai quattro venti, ma nemmeno così nascosto da non ptoer essere scoperto - aveva deciso di passare tramite lui? Merda, se è un uomo di Sallister sono fottuto pensò; il Governatore aveva al suo servizio ogni tipo di soggetto immaginabile... ma Sallister non si era mai mosso prima di allora dunque perchè farlo nell'unico momento in cui non era necessario? Roland aveva perso le elezioni- barando in modo da perdere, ma quello, ovviamente, il Governatore non poteva saperlo - e Bruce Sallister non aveva perso l'occasione di deridere il figlio... ma poi era finita lì. Dunque perchè? I nemici di Roland erano sempre tenuti sotto controllo, proprio per prevenire eventuali attacchi a sorpresa; era così che avevano fermato gli estremisti, prevenendo... dunque chi poteva avere davanti, se non era Roland? Ma poi il Cacciatore aveva reagito esattamente come Jake si era aspettato; e quell'espressione, quel tono di voce, erano stati come una stilettata al cuore che avevano portato Jake ad abbassare gli occhi.

    Dopo un lasso di tempo che parve eterno, sollevò la testa e lo fissò l'altro di rimandoDavvero affermò lapidario, con rinnovato coraggio; se si fosse tirato indietro proprio in quel momento, Roland avrebbe potuto prenderla anche peggio; se avesse detto di aver sospettato, per un istante, di avere davanti qualcun altro, viste le complicazioni della mente di Roland, la situazione sarebbe potuta degenerare comunque...e Jake non era ancora certo che quello fosse davvero Roland. Gli somigliava in tutto e per tutto, anche nelle reazioni ma c'era quella nota stonata, quelle piccole stranezze che non poteva ignorare, non con un Roland - o presunto tale - sanguinante in casa sua. E poi, non era forse meglio, ora che il sasso lo aveva lanciato, continuare su quella linea? Almeno ne avrebbero parlato, una volta per tutte. Perchè Jake aveva bisogno di parlarne: ne aveva bisogno da tredici anni. Avevano parlato di tutto, persino di Nalani, ma non di quello, non di Allie, non della voce di sua sorella incatenata nella testa di Roland, non di quell'incidente: se davvero volevano andare avanti assieme avrebbero dovuto superare pure quella cosa assieme, per quanto fosse doloroso, per entrambi. Io penso che dovremmo parlarne aggiunse, con tono calmo, andando ad incrociare le braccia al petto, il teser abbandonato sul mobile, gli occhi puntati in quelli di Roland. Quando aveva scelto la Congrega dei Cacciatori, in molti avevano affermato che lui, per come era fatto, non sarebbe sopravvissuto una settimana, ma la cocciutaggine dei Chambers era stata la sua arma migliore e lo era ancora: poteva essere un Cacciatore atipico, ma combatteva per le sue battaglie. Quindi, per una volta, perchè non ne parli con me? Fastidio; quell'ultima parola tradiva quello... e Jake non era mai stato bravo quanto l'altro a dissimulare le emozioni quindi, inevitabilmente, un pò di quel fastidio si perse in quel termine. Jake sapeva che Roland aveva parlato di Allie con Nalani Eos...e poteva tollerare tutto, anche quello, tutto pur di vedere Roland felice e sereno; non vi era persona più felice di Jake per quella piega presa dagli eventi perchè erano anni che non vedeva il figlio di Sallister sereno a quel modo... ma non poteva tollerare che la memoria di sua sorella fosse condivisa con chiunque, tranne che con lui. Roland aveva cercato di proteggerlo dal dolore cercando di sparire dalla sua vita, quando tutto iò che Jake aveva chiesto era di condividere quel dolore per farsi forza a vicenda e non aveva smesso di sperare che le cose andassero così. Non poteva smettere di credere che sarebbe riuscito ad ottenere quel miracolo. Parti da dove preferisci ma parliamone Nuovamente si morse il labbro inferiore, mentre scioglieva quell'intreccio delle sue stesse braccia, pronto a farle scattare verso il teser se si fosse reso necessario, nuovamente in attesa di una reazione: e se poco prima ciò che si era aspettato era avvenuto, ora Jake non ptoeva affermare con certezza quale sarebbe stata la reazione del suo mentore. Invece lo sai: tergiverserà...troverà una scusa si disse. Una bella gatta da pelare, specialmente se Jake doveva tenere conto di tutte le altre implicazioni possibili... ovvero che Roland non fosse Roland...o che fosse un Roland soggiogato dal suo stesso dono. Oppure darà di matto...e allora al diavolo! pensò. E lo fece scattare. Un impulso elettrico, un comando a distanza ed ecco: casa sua si chiudeva su sé stessa. Jake non era paranoico, ma teneva a quel piccolo rifugio che si era costruito: c'era tutta la sua vita lì dentro. E Jake era un nerd, amava quelle diavolerie tecnologiche, e quando Roland gli aveva chiesto un sistema di sicurezza per Villa Deschain, Jake si era divertito ad inventarsene uno... e poi ne aveva creato uno anche per casa sua. Il vantaggio di poter comunicare con la tecnologia faceva sì che a Jake bastasse chiedere... certo, non tutta la tecnologia rispondeva direttamente, qualcuno protestava, altri si impuntavano...gli oggetti erano come le persone. Ma lì Jake era in casa sua e quelle diavolerie sparse in giro per tutta la casa erano dalla sua parte: non gli si sarebbero mai rivoltate contro. Per quello, alla fine, aveva deciso di tornare a casa da Villa Deschain nonostante la minaccia di Adrian fosse sempre in agguato: se proprio doveva affrontare un ragazzino in grado di controllare le ombre, voleva giocare in un territorio che lui conosceva bene. E Villa Deschain era un terreno troppo neutrale. Non te ne andrai da qui finchè non avremo affrontato questa cosa... pensò, con espressione risoluta, senza sentire il bisogno di esternare ad alta voce il suo pensiero, mentre tutte le finestre della casa e la porta di casa venivano sbarrate all'esterno, gettando la casa nell'oscurità più totale...che venne meno nell'immediato, perchè le luci si accesero automaticamente, nell'esatto momento in cui piombò il buio. Jake non aveva bisogno di parole, perchè conosceva Roland, e sapeva cosa comportava l'insubordinazione: il Cacciatore pretendeva devozione assoluta e non avrebbe preso bene quella sua uscita...non subito almeno. L'ultima volta che Eden era venuta meno ad un ordine, Roland aveva lasciato correre solo perchè le azioni di Eden si erano rivelate utili alla causa; aveva fatto lo stesso con lui, dunque Jake sapeva di non essere totalmente al sicuro, ma di non essere nemmeno così tanto a rischio. Se quell'argomento così delicato avesse fatto innervosire Roland e il Cacciatore avesse perso il controllo, sarebbe stato grato a Jake di averlo rinchiuso, impedendogli così di fare del male a sé stesso e ad altri mentre non era in sé, specialmente dopo quanto era successo al concerto.
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    Per una singola frazione di secondo, quando anche Chambers abbassò gli occhi al pavimento con fare contrito, credetti che la parte peggiore di quella mia azzardata improvvisata teatrale fosse passata. Sarebbe stato un sollievo dato che iniziavo a risentire a livello fisico e mentale del sanguinamento e del dolore al fianco, a cui si sommava l'ostinata diffidenza di Chambers che certo non mi aiutava a mantenere una calma lucidità. Ma il Cacciatore sembrava deciso a farmi inviperire come una biscia quel giorno, e vestì un'aria spavalda mentre confermava le sue parole, sfidando inconsapevolmente il mio già provato autocontrollo a non renderlo un moderno Stephen Hawking. Davvero. Io penso che dovremmo parlarne. disse, sfoggiando una calma che probabilmente, se fosse stato nella mia testa ad assistere ai modi in cui avrei voluto menomarlo, non avrebbe mai avuto. Stringigli il guinzaglio, Roland. Questa insubordinazione è rivolta a te. pensai con velata provocazione, per provare a controllare le mie pulsioni omicide in modo che non affiorassero sul viso del Cacciatore di cui vestivo i panni. Se Chambers continuava su quella strada con un Roland recalcitrante davanti agli occhi probabilmente sapeva di poterselo permettere, ma io non avevo intenzione di percorrere a braccetto con lui il viale alberato dei ricordi che non avevo. Senza contare che, se Roland ancora non aveva parlato di qualunque cosa Jake intendesse con il suo migliore amico, dubitavo che l'avrebbe fatto presto, soprattutto dopo un accoltellamento e un colpo basso di Jake. Quindi, per una volta, perché non ne parli con me? Le sopracciglia di Roland si aggrottarono appena, ed ero pronta a rispondere con molta calma e buonsenso...finché Chambers non fece scattare ogni singola serratura di quella catapecchia mentre teneva lo sguardo nel mio con ammirevole masochismo. Quella probabilmente fu l'ultima stoccata alla mia pazienza, alla mia speranza che il Cacciatore collaborasse senza portarmi all'esaperazione o allo sfinimento fisico. O ad entrambi, conoscendo il soggetto. Non dovetti fingere irritazione, quell'emozione che traspariva dal mio sguardo affilato apparteneva a me, prima ancora che al cacciatore che stavo impersonando: chiunque mi conoscesse sapeva quanto poco sopportassi l'idea di essere costretta, bloccata, a prescindere che fosse sul piano fisico o psicologico. Immaginate quindi la voglia che avevo di fare a pezzi Chambers in quel momento, così sfrontato da rinchiudermi nella sua casa alla Enterprise come un animaletto domestico. Un respiro, due, tre. Dovevo ricordarmi che non potevo ucciderlo o menomarlo, non mi sarebbe stato utile da morto o ridotto ad uno stato vegetativo né nell'immediato, né sul lungo termine...senza contare che se gli eventi avessero preso una simile piega quel mio gesto dettato dall'impulsività avrebbe mandato all'aria qualunque possibilità di lavorare con Roland in qualunque futuro, prossimo o lontano. E poi mi chiedevano perché considerassi l'affetto una debolezza. Quattro, cinque...credetemi, nonostante avessi razionalizzato quello scenario giungendo alla conclusione che sarebbe stato solo controproducente, stavo accarezzando l'idea di bruciare qualche sua terminazione nervosa o di piantargli un coltello da cucina nel collo. Che fosse maledetto il suo Chamberpiagnisteo. Così siamo a questo punto. mormorai con freddezza glaciale e le labbra tese, gli occhi gelidi puntati su Jake che manifestavano solo il fastidio che stavo esternando, lasciando nascosta la furia omicida che mi bruciava nelle vene. Ciò che avanzava delle bende che il Cacciatore mi aveva solertemente prestato era ormai mercé della mia rabbia, e me le avvolsi attorno alla mano insanguinata con gesti lenti, senza prestare veramente attenzione a quel movimento ma concentrandomi piuttosto sul mio fantomatico migliore amico mentre le mie dita le svolgevano dal rotolo per coprire le chiazze vermiglie sulla mia mano. Al punto di rinchiudermi in casa tua per un confronto, una mossa poco sportiva per indurre qualcuno a parlare. aggiunsi ostentando una calma invidiabile, a dispetto di ciò che realmente provavo. E poi uno strappo, mentre ciò che rimaneva del rotolo di bende finiva a terra con un piccolo schiocco e la mia mano fasciata scattava fulminea al braccio di Jake, afferrandolo e dandogli un forte strattone per farlo finire sul divano di fronte al quale ancora stavamo parlando. Non mi interessava se mi avesse fulminata con dei fili scoperti, non mi importava se avesse provato a difendersi. Volevo ricordargli che con lui era Roland ad avere il coltello dalla parte del manico, sempre. Il Cacciatore, forse sorpreso da quel gesto, forse complice i mille aggeggi che ne minarono l'equilibrio, finì sul divano, ed io mi sporsi verso di lui con il busto standogli di fronte, poggiando le mani sulla spalliera imbottita ai lati delle sue spalle senza toccarlo, se non con un frammento di benda srotolata dalla mia destra che gli sfiorava appena la maglia. I capelli corvini erano sfuggiti in ciocche dalle orecchie, andando ad incorniciare in modo scomposto il suo viso, abbassato verso quello di Chambers con lo sguardo incatenato al suo e dal dolore al fianco avrei scommesso che a quel movimento la mia ferita avesse ripreso a sanguinare. Ma ora tutto ciò che c'era nel mio campo visivo era il volto stupito di Jake, alla cui espressione risposi avvicinandomi appena, finché non ci separò la distanza di una mano. Che ironia questo discorso dalla tua bocca, Jake. Proprio tu, vuoi parlare di sentimenti che preferiremmo non ammettere non condivisi con i diretti interessati? chiesi quindi con voce dura, prima di ritrarmi di scatto e lasciarlo libero di muoversi, libero dai miei occhi di ghiaccio in cui si leggevano i primi segnali di rabbia. Gli diedi le spalle, tenendo sotto controllo con la coda dell'occhio ciò che fino ad un istante prima che io lo afferrassi aveva tenuto tra le mani, e che aveva tutto l'aspetto di uno strumento di autodifesa. Vuoi sapere perché non ne abbiamo mai parlato? chiesi quasi sfidandolo, mentre la mia voce si arricchiva di una nota di calore, che in quel caso era più che altro rabbia a stento trattenuta. Mi voltai verso di lui, la mascella tirata per controllare ogni mio impulso, le mani strette lungo i fianchi, mentre una chiazza rossa si allargava sul bendaggio all'addome. Perché non cambierebbe NIENTE. Perché non è un fottutissimo algoritmo da far quadrare cambiando le giuste variabili, perché NON VOGLIO la tua comprensione! fu la rabbiosa risposta che il Cacciatore ottenne alla sua domanda, prima che gli dessi di nuovo le spalle per raccogliere ciò che avanzava del rotolo di bende e la fiamma negli occhi di Roland si smorzasse appena. Mi sentivo distrutta, fisicamente e psicologicamente. Non da quel confronto sia chiaro, manco sapevo di cosa stessimo parlando, ma dal mantenere la mia illusione perfetta in tutti i dettagli per così tanto tempo. Gli strascichi del mio dono talvolta si accanivano su un senso specifico invece di distribuirsi più o meno equamente su tutti e cinque, ed in quei rari casi mi trovavo seriamente in difficoltà a mantenere una parvenza di realtà controllata nel modo in cui agivo. Provate ad immaginare di perdere all'improvviso la vista, o l'udito ad esempio, quando fino a un secondo prima potevate vedere e sentire, anche se in maniera confusa. Finché ero sola, o potevo ritirarmi discretamente lontano dalle persone non avevo problemi: sapevo che era una condizione temporanea, e dovevo solo aspettare pazientemente che passasse. Ma quando non potevo rifugiarmi nella solitudine dovevo fingere, al meglio delle mie possibilità, che nulla fosse successo, che non stessi accusando il ritorno della frusta collegata al mio Dono. Perché dimostrarsi deboli, anche solo temporaneamente, non era una possibilità che il mio orgoglio e gli obbiettivi che mi ero proposta mi permettevano di contemplare. E di certo non davanti a Jake Chambers. Quella fu, per uno scherzo di dubbio gusto del destino, una di quelle volte in cui il mio Dono decise di accanirsi sul tatto, una delle eventualità che odiavo di più. Non riuscivo ad applicare la giusta forza per tenere le cose in mano, sollevarle o lanciarle, non riconoscevo un tocco sulla mia pelle, una scottatura o una puntura, NIENTE. Così, sentendo la mia pelle farsi via via insensibile, abbandonai il proposito di raccogliere quello stupido rotolo, rimanendo accovacciata nel salotto di Jake Chambers mentre mi portavo una mano tra i capelli, come se quella litigata mi avesse tolto qualunque voglia di relazionarmi con l'altra persona presente nella stanza. La passai tra le ciocche in un gesto automatico ma non avvertii nulla, non avrei nemmeno saputo se le avessi spostate dal viso, se solo non avessi potuto vedere la differenza. Fammi uscire di qui Jake, non ho intenzione di andare oltre su questa strada. dissi con tono monocorde mentre controllavo il respiro, stufa di assecondare i suoi squilibri emozionali mentre iniziavo a perdere il controllo sulle mie percezioni, pur mantenendolo con ostinata concentrazione sulle sue.
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    Jake sapeva di potersi considerare un privilegiato, poichè nessuno era mai riuscito ad avvicinarsi così tanto a Roland: anche prima dell'attivazione del suo dono, pur avendo avuto molte conoscenze, nessuno era mai riuscito ad arrivare così vicino a lui, a conoscerlo così bene. Nemmeno Enzo, che tanto si era professato il migliore amico di Roland Deschain era riuscito ad andare oltre le apparenze e per quanto il figlio del Governatore fosse legato anche ad altri membri della sua squadra, le differenze erano innegabili. Ma quella condizione non era piovuta dal cielo: Jake se l'era guadagnata. Il giovane tecnopate si era imposto nella vita di Roland, ritagliandosi i suoi spazi un poco alla volta, lottando con le unghie e con i denti per ottenere il posto che voleva: forse aveva un animo troppo buono per stare tra i Cacciatori, ma Jake era sempre stato disposto a lottare, ancor prima che glie lo insegnassero in Accademia ed era stata la sua cocciutaggine a portarlo sin lì. I suoi amici lo avevano sempre definito un incosciente, perchè solo un folle avrebbe potuto scegliere di unirsi ai Cacciatori pur sapendo che il suo posto era tra i Salvatori e solo un folle si sarebbe deliberatamente rinchiuso in una casa blindata con un potenziale assassino; ma Jake aveva fatto tante scelte avventate in vita sua e non se ne era mai pentito, specialmente quando certe scelte venivano fatte per una giusta causa. E quella era decisamente una valida ragione per rischiare. Se si fosse rivelato in errore, alla lunga Roland lo avrebbe perdonato: forse ci sarebbe voluto del tempo, ma alla fine l'uomo avrebbe apprezzato la sua prudenza o, quantomeno, così sperava. Se invece quel minuscolo dubbio si fosse dimostrato fondato, rinchiudersi in casa si sarebbe rivelaato provvidenziale, visto e considerato che lui aveva già parlato troppo. Qualcuno, al suo posto, si sarebbe innervosito, ma ciò che provava Jake era solo angoscia, timore di aver sbagliato, di aver fatto male i conti e qualunque fosse stata la soluzione di quell'equazione, lui aveva comunque messo un piede in fallo: se stava parlando con Roland, aveva sbagliato a dubitare; se non stava parlando con qualcun altro, aveva già detto troppo. E anche se la vita non era un'equazione matematica, in quel caso poteva comunque dirsi certo di aver commesso un errore: doveva solo capire quale. Il che, era tutto fuorchè semplice: come poteva mettere a fuoco la situazione in maniera lucida e razionale vagliando tutte le possibilità che la casistica gli offriva se nel mentre era costretto ad interagire con un'altra persona? "Vorrei essere un computer" pensò: essere un'intelligenza artificiale gli avrebbe permesso di analizzare la situazione ad una velocità superiore, senza che la presenza di Roland potesse disturbarlo, perchè non ascoltarlo sarebbe stato molto più semplice. Certo, avrebbe faticato ad inserire le variabili legate alle implicazioni emotive all'interno degli algoritmi considerati ma... "Solo io posso divagare in questo modo in un momento così delicato!" si ritrovò a pensare mentre cercava di tornare coi piedi per terra: non era in un romanzo sui robot di Asimov dunque non poteva permettersi digressioni fantascientifiche di quel tipo, non in quel momento. Doveva rimanere concentrato per cercare di vederci chiaro e soprattutto perchè si era appena rinchiuso in una gabbia con un Leone, gettando metaforicamente via la chiave: gli sarebbe bastato chiedere per riaprire casa sua - che in quel momento sembrava più una cassaforte - ma non aveva intenzione di farlo tanto presto. Più di una volta da quando aveva creato quel sistema si era chiesto se avrebbe mai dovuto effettivamente utilizzarlo: negli ultimi mesi si era detto che sì, probabilmente avrebbe dovuto ricorrere a quel sistema difensivo per proteggersi da Adrian una volta lanciato il messaggio nell'etere, ma a quanto pareva non aveva avuto bisogno di aspettare così a lungo.

    "Non sono mai stato uno sportivo" fu la sua ironica risposta alla prima affermazione del Cacciatore, mentre un mezzo sorriso divertito affiorava sulle sue labbra "E comunque i Cacciatori non hanno mai giocato pulito: dovresti saperlo anche tu... aggiunse, in quello che suonava, a tutti gli effetti, come un voler giocare con gli stereotipi che venivano afibbbiati alla loro Congrega di appartenenza, con la quale il giovane Chambers aveva a che fare solo a livello anagrafico, di certo non per attitudine o indole personale: era quasi una recita, la sua, sebbene meno difficile da sostenere di quella di Roland. Nonostante avesse passato gli ultimi anni immerso in quell'ambiente, il tecnopate non aveva perso la sua indole altruista e il suo animo sensibile, che avrebbero dovuto condurlo senza esitazione tra i Salvatori. Tuttavia, i tre anni di Accademia e quelli passati al fianco di un Cacciatore avevano inevitabilmente contribuito a plasmare, anche se solo in parte, la sua persona e i suoi atteggiamenti nei confronti della vita. Forse non era diventato una macchina da guerra e rifuggiva da ogni tipo di violenza gratuita, ma quella convivenza forzata con individui pronti a tutto pur di raggiungere i propri scopi avevano aumentato la determinazione di Jake e la cocciutaggine dei Chambers, anzichè smussarsi, si era accentuata e sebbene Jake preferisse il ruolo di sottoposto, non riusciva proprio a tenere la bocca chiusa, a non esternare i suoi pensieri e a lottare quando riteneva di essere nel giusto. Era stato proprio Roland a dirgli che quella sua incapacità di stare zitto, quel suo continuo parlare a vanvera e ridere nei momenti meno opportuni lo avrebbe portato a farsi ammazzare e anche se Jake amava replicare "Pericolo? Io rido in faccia al pericolo!" come in un celebre film Disney del 1994 che il Cacciatore amava - e di cui si era ripromesso di fare un rewatch il prima possibile - non poteva che dargli ragione. In primo luogo, perchè probabilmente era stato ridere in faccia ad Adrian che lo aveva portato ad entrare nella black list del ragazzino più inquietante del continente - anche se probabilmente, l'introdursi di nascosto nella sua stanza in Accademai per abbuffarsi con del sushi doveva aver contribuito a creare un clima poco disteso - e in seconda istanza perchè era probabilmente per quella ragione che Roland (o chi per lui) lo aveva appena afferrato per lanciarlo malamente sul divano del soggiorno.

    Un pò se l'era aspettato e, per quella ragione, la sua mano era scattata ad afferrare il taser che aveva tenuto sotto controllo finoa quel momento, ma non era riuscito a non cadere come un sacco di patate sul divano, complice probabilmente anche una console NES/Famicom giapponese del 1983 - acquistata all'ultima asta e abbandonata a terra in attesa di essere revisionata e rimessa in funzione dopo un paio di accorgimenti tecnici, vista l'età dell'oggetto - nel quale era inciampato mentre tentava invano di liberarsi dalla presa di Roland che, per quanto salda, gli era sembrata meno ferrea di quanto si sarebbe aspettato; ma, del resto, il Cacciatore era ferito e sebbene ci volesse qualcosa di più per atterrare un uomo come Roland, Jake decise di non dare eccessiva rilevanza a quel dettaglio altrimenti sarebbe seriamente diventato un pò troppo paranoico persino per i suoi standard. Con il taser ancora stretto nella mano sinistra, Jake ricadde a peso morto sui cuscini del divano, trattenendo a stento una smorfia quando sentì alcuni cd abbandonati in equilibrio precario sul bracciolo dello stesso cadere a terra a seguito dello spostamento causato dal suo movimento tutto fuorchè aggraziato; e avrebbe pure girato la testa per controllare se si trattava di dischi vecchi o recenti - anche se era abbastanza sicuro che si trattasse di qualche dvd preso a nolo e dunque niente di così vecchio da avere un reale valore - se Roland non avesse occupato il suo intero campo visivo. Un'orribile sensazione di Deja-vù lo colpì come un pugno nello stomaco, riportando a galla la conversazione avvenuta a Villa Deschain quando Roland, fermo a quella stessa distanza, lo aveva quasi ucciso, in un perfetto parallelismo di quanto era accaduto con la Eos al concerto di primavera. "Tu ucciderai tutte le cose e le persone che ami" Roland gli aveva raccontato che una voce, in una delle crisi che erano seguite alla sua convalescenza post-attentato al motel, gli aveva sussurrato quella frase, recuperandola probabilmente tra i ricordi stessi del Cacciatore; quanto tempo sarebbe passato prima che quel monito diventasse realtà? Jake non poteva saperlo: aveva fatto una stima, ma il dono di Roland era talmente imprevedibile che nemmeno lui poteva fare calcoli certi al cento per cento. Per quella ragione stringeva il taser, unica arma che in uno scontro diretto avrebbe potuto dargli una qualche chance in più di contrastare il dono del figlio del Governatore; ma, nonostante la paura, nonostante sentisse la presa delle mani del Cacciatore sul collo come se fosse reale e non una proiezione della sua mente che rievocava spiacevoli ricordi, Jake decise di non usarlo, di attendere: nonostante a causa di Roland fosse arrivato ad un passo dalla morte, si fidava dell'uomo oltre ogni logica, oltre ogni istinto di sopravvivenza. Che ironia questo discorso dalla tua bocca, Jake. Proprio tu, vuoi parlare di sentimenti che preferiremmo non ammettere non condivisi con i diretti interessati? A quell'affermazione, il viso di Jake cambiò totalmente espressione: per la prima volta dopo molto tempo, il suo viso sembrava aver perso quell'espressione sbarazzina che da sempre lo aveva caratterizzato; sarebbe quasi potuto apparire arrabbiato o deluso, forse, da un simile comportamento... ma non disse nulla. Silenzioso, lasciò che Roland si allontanasse e proseguisse con il suo monologo. Senza dir nulla lo seguì con lo sguardo, la presa sul taser che si faceva quasi eccessiva, convulsa. "Le cose sono già cambiate, Roland..." pensò, ma ancora una volta si trattenne dall'esternare ad alta voce quel pensiero. Nalani non era forse un cambiamento? La sua volontà di andare nel passato per chiarire una volta per tutte la situazione per lasciarla andare non era forse indice di cambiamento? No, le cose si erano mosse troppo perchè Roland gli riproponesse una scenata del genere... specie dopo che lui stesso lo aveva spinto, l'ultima volta, ad esternare i suoi sentimenti. Roland era tante cose, ma non un ipocrita o un incoerente: aveva fatto pressioni affinchè lui parlasse e ammettesse ad alta voce ciò che sentiva, come poteva tirarsi indietro dal fare lo stesso? Certo, Jake alla fine non aveva esplicitamente detto nulla ma Roland aveva letto le risposte tramite il suo dono; e se il Cacciatore aveva ricambiato le informazioni rubate a Nalani parlando con lei quando ancora non la conosceva, per quale motivo non avrebbe dovuto fare lo stesso con lui, dopo tutto ciò che avevano passato? Il loro legame non si era incrinato nemmeno dopo gli ultimi eventi e Allie non era mai stata motivo di scontro, se non tanti anni prima. Lo sguardo di Jake abbandonò momentaneamente il Cacciatore accovacciato nel suo soggiorno, rivolgendolo ad un punto ben preciso delle pareti della stanza, lì dove sapeva esserci una telecamera, mentre si alzava in piedi, passando il taser dalla mano sinistra alla destra, ignorando l'ultima affermazione del Cacciatore "Chi c'è nel mio soggiorno?" una domanda posta ad alta voce, così che la telecamera non potesse fraintenderla, così che il comando fosse più incisivo: significava farsi udire anche dal presunto Roland, ma non gli importava più di tanto: aveva bisogno di una risposta immediata prima di eventuali rappresaglie. E la risposta non tardò ad arrivare, sottoforma di semplice imput elettrico, una stringa di codice binario che, viaggiando nell'etere, per mezzo del dono del ragazzo portò a Jake la risposta, per quanto sommaria, direttamente nella sua testa: una donna, questo gli diceva il suo sistema di sicurezza, nient'altro. In un movimento rapido, istintivo, il viso di Jake tornò a rivolgersi verso la figura ferma nel suo soggiorno, mentre sgranava gli occhi per lo stupore: il sistema di telecamere non poteva essere in errore, non poteva essere stato manomesso... dunque perchè lui seguitava imperterrito a vedere Roland? "Oh... ora sono nei guai".
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    Chambers parlava, ma ciò che usciva dalle sue labbra sembrava sempre più ovattato, distante e irreale, come se la mia testa fosse immersa nell'acqua di una piscina che filtrava ogni sgradevole rumore, ogni contorno troppo definito in quella pesante realtà. E credetemi, in quei momenti trovavo la voce strafottente di Chambers un rumore sin troppo sgradevole per le mie orecchie, per la mia pazienza già sfilacciata...perché non si limitava a lasciarsi manipolare come un bravo bimbo, invece di sollevare la testa e mettere alla prova quel poco che sapevo sul suo rapporto con Deschain? I due erano risaputamente legati, fastidiosamente vicini, eppure capire cosa caratterizzasse il loro rapporto ad un livello essenziale era stato qualcosa che, per quante ricerche avessi fatto, ancora mi sfuggiva. Ciò che avevo potuto immaginare, la carta che stavo calando in quel momento intrappolando Chambers a contatto col mio corpo, era stato un cortese suggerimento dello stesso Cacciatore, delle sue parole, del modo in cui i suoi occhi seguivano i movimenti di un Roland seminudo nel suo salotto. Nemmeno io ero mai stata una sportiva, e mi veniva da ridere al pensiero che Jake si reputasse quello che, in quella stanza, stava giocando sporco: mi ero fatta spalancare una porta, figurativamente e non, assumendo per lui le sembianze di un amico, e mi stavo addentrando nei segreti che dietro di essa custodiva per conto del figlio del Governatore. Non era un uso del mio Dono a cui ricorrevo spesso, impersonare un altro essere umano -specialmente uno sconosciuto- era un rischio a tutti gli effetti, un inganno influenzato da troppe incognite per risolvere le situazioni con la mia solita e metodica precisione, ma quel dubbio, quel tarlo sui piani di un Deschain troppo cheto, mi avevano costretta ad agire per smettere di sprecare il mio tempo arrovellandomi su qualche informazione che avrei potuto carpire con un azzardo ben giocato. Un azzardo che mi si stava rivoltando contro perché avevo voluto osare di più, perché quella fame di conoscere ogni mossa, ogni tassello del puzzle rappresentato dal Cacciatore e dalla sua giovane marmotta con la fissa per gli elettrodomestici e le serrande sbarrate, mi aveva fatto trascurare il fattore tempo. Uno scotto che stavo pagando a denti stretti, allontanandomi da Jake quando avevo il dubbio che la mia illusione potesse incrinarsi, chiedendogli per l'ultima volta di lasciarmi una via di fuga prima che la mia maschera cadesse, e che lui dovesse fare i conti con un Direttore infastidito e troppe informazioni che aveva consegnato spontaneamente nella sua mano. La domanda fu semplice, diretta, posta ad alta voce ad un punto imprecisato della stanza da cui, potevo immaginare, le sue telecamere stessero seguendo la situazione. E il sorriso tornò a calcare le mie labbra mentre vedevo gli occhi di Chambers tornare alla mia figura acquattata, velati di sorpresa e...era orrore quella luce particolarmente disperata? Voleva lusingarmi, che caro. «Non fare quella faccia allibita, Jake, offendi solo la tua intelligenza. Il dubbio era già annidato nella tua mente da quando abbiamo discusso del mio presunto accoltellamento, non è vero?» furono le parole ironiche che gli rivolsi continuando a vestire i panni di Roland, la sua voce ruvida che suonava come le fusa di un predatore mentre mi rimettevo in piedi con tutta la concentrazione di cui disponevo. Non mi sarei dimostrata in difficoltà davanti a lui, davanti a nessuno, una volta che fossi tornata ad essere Lilian Cheever, una volta che le mie azioni e le mie debolezze fossero tornate ad essere mie a tutti gli effetti. L'inganno che avevo tessuto nella mente di Chambers cominciò a sfarfallare, come in quelle vecchie tv con il tubo catodico che dovevano piacergli tanto, e tratti del mio viso si sostituirono a quelli del Cacciatore in uno sfrigolante crescendo, prima che ogni finzione cadesse definitivamente lasciandomi davanti a lui con la camicia bagnata di sangue e una mano dalle dita affusolate a tenerla chiusa sul petto. «Giusto un suggerimento: se pensi di usare quell'arnese...» aggiunsi calma, indicando con un moto lieve del capo il taser che stringeva convulsamente fra le mani. «...ti consiglierei di rivalutare la tua scelta. Prima che tu possa arrivare a me, io sarò arrivata a te continuai con quella voce appena cantilenante, picchiettandomi la tempia sinistra con l'indice a render chiaro che, per quanto avessi fatto calare il sipario sulla mia identità, la mia presa sulla sua mente non andava da nessuna parte finché non fossi uscita di lì. Chiamatemi paranoica, ma mi piaceva avere un piccolo vantaggio in situazioni difficili, e nella casa avvenieristica di un tecnopate mantenere aperta una backdoor nel suo cervello era il minimo sindacale per i miei standard. La mia espressione si fece più seria e guardinga terminato quel piccolo avvertimento, gli occhi si strinsero assumendo un taglio freddo, la voce si abbassò appena di un'ottava perdendo quella cadenza spensierata e infantile mentre un'ultima precisazione varcava le mie labbra. «E fidati, non ti piacerebbe sapere quanto male reagisco alle provocazioni.» fu il consiglio più sincero che seppi dargli in quel momento, prima di scrollare le spalle e quell'atmosfera tesa e minacciosa per tornare a sorridere sicura di me. Mi poggiai con la schiena alla credenza posta alle mie spalle, evitando non so come che tutto ciò che sosteneva franasse a terra, indicando quindi a Chambers il divano come se lo stessi invitando a mettersi comodo in casa sua. «Le presentazioni sono necessarie? Sai, è un po' che un ragazzo non mi rinchiude in casa sua, credo di essere poco informata sull'etichetta da seguire in queste occasioni.» ironizzai, incrociando le braccia al petto per mettermi più comoda, coprendomi così dallo sguardo insistente e nervoso del Cacciatore. Non ero mai stata particolarmente pudica, ma nemmeno un'esibizionista del proprio corpo. Chambers sembrava, a dispetto dell'irritante sicurezza che aveva ostentato nell'arco della nostra conversazione, poco a suo agio con la nudità degli estranei, e non era certo mia intenzione imporgliela. Ero una stronza, ma cercavo di avere del tatto ogni tanto. «Immagino che oltre al desiderio di fulminarmi tu abbia anche qualche domanda, quindi -dato che sono bloccata qui con il tuo discutibile gusto in fatto di arredamento- risponderò a due di esse a tua scelta, e poi ti chiederò, prima cortesemente e poi un po' meno, di farmi uscire di qui. Come la vedi?» chiesi melliflua, inclinando appena il capo come a squadrarlo meglio, mentre una ciocca castana dei miei capelli scivolava silenziosamente oltre la spalla.
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    22 anni // Tecnopatia // Cacciatori
    Il tecnopate contava un'ampia rete di conoscenze ma non aveva mai incontrato qualcuno che gesticolasse quanto Roland nel momento in cui si lasciava cogliere dalle emozioni, specialmente in presenza di qualcuno di cui poteva fidarsi. In quel momento, tuttavia, Jake avrebbe voluto fare lo stesso, se non di più. Avrebbe volentieri allargato le braccia, alzato gli occhi al cielo, per poi iniziare ad urlare e a girare in tondo ancora e ancora, prima di mettersi a girare su sé stesso, salvo poi ricominciare a muoversi per casa, inveendo contro divinità dimenticate e non, sbracciandosi come un pazzo solo per esprimere tutta la sua frustrazione. Tuttavia, non gli sembrava una mossa saggia. Aveva già scoperto tutte le carte possibili ed immaginabili davanti a quell'intrusa, inscenare un teatrino gli sembrava controproducente; perciò, per una volta, avrebbe cercato di darsi un contegno. Il che era qualcosa di assolutamente inaspettato anche per lui. Si sarebbe sorpreso lui stesso se non fosse stato intento a preoccuparsi per la sua situazione delicata. Infatti, in barba a tutto ciò che poteva dire di aver affrontato in quei ventidue anni di vita, l'essere messo sotto scacco da un dono psichico mancava alla sua collezione. Si era ritrovato in scontri fisici più o meno leali, con e senza l'ausilio dei doni e a volte sì, qualcuno aveva usato dei doni di tipo psichico per cercare di ammazzarlo ma nessuno aveva mai giocato con la sua testa rivoltandola come un calzino. Era qualcosa di incredibilmente affascinante, volendo stare a vedere, ma in quel momento gli faceva solamente venire i brividi. A dirla tutta lo faceva anche arrabbiare, ma la preoccupazione superava ogni altro imput che il suo corpo cercava di mandargli. L'unica sua blanda rassicurazione riguardava l'aver scoperto qual'era il dono di chi aveva davanti: se fosse stato fortunato, le sorprese non sarebbero state molte di più quel giorno. Tuttavia qualcosa gli diceva che la sua fortuna si era esaurita già da un pezzo. Il suo sguardo, fisso in quello del finto Roland, non vacillò davanti a quella prima affermazione, ma il Cacciatore fu costretto a mordersi la lingua per impedirsi di rispondere con una delle sue battutacce. Strinse maggiormente la presa sul taser, sforzandosi di non lanciarlo contro il suo interlocutore in un gesto di stizza degno di un bambino arrabbiato. Perchè sì, aveva avuto dei dubbi, ma non era stato abbastanza svelto da capire che il suo intuito non stava sbagliando; e, in ogni caso, ora che aveva scoperto la verità, trovava quel tono di voce totalmente inadatto alla situazione. Perchè ostinarsi a vestire i panni di Roland? Jake non vedeva l'ora che tutta quella storia finisse, in un modo o in un altro. Perchè sapeva sin troppo bene che una crisi di nervi sarebbe stata controproducente, ma finchè avesse avuto davanti agli occhi una brutta copia di Roland avrebbe faticato a mantenere i nervi saldi.

    Fu dunque grato all'intrusa quando, poco alla volta, abbattè quell'illusione, dandogli modo di rilassarsi, anche se solo parzialmente. Dopo qualche istante ebbe finalmente davanti agli occhi la vera identità della donna che tanto abilmente si era insinuata in casa sua: Lilian Cheveer. "Merda!" pensò, sforzandosi di non lasciar fuoriuscire dalle sue labbra quell'esclamazione sincera e spontanea. Perchè, Jake lo sapeva, ci sarebbe potuto arrivare anche da solo, considerato quanto Roland gli avesse chiesto di tenere d'occhio, prima e dopo la caduta di Plusher, anche gli altri Direttori. In ogni caso, se così stavano le cose, la situazione poteva essere più grave del previsto: del resto non aveva forse detto ad uno degli alfieri di Sallister che aveva intenzione di friggere il suo sistema di sicurezza informatico? Bella mossa Chambers! Considerata la minaccia e tutto il discorso seguente, Jake si concesse la possibilità di osservare davvero per la prima volta colei che aveva davanti, soffermandosi sulla mano che tamponava la ferita al fianco: il Cacciatore doveva ammettere che la determinazione non le mancava, se per rendere quell'illusione più realistica era arrivata ad infliggersi una simile ferita. Teatralmente, il tecnopate alzò le mani sopra la testa come se qualcuno gli stesse puntando addosso una pistola, senza tuttavia accennare a lasciar andare quella che, in quel frangente, era l'unica arma che possedeva. "Lei sa chi sono io e se gli occhi non mi ingannano di nuovo, lei è Lilian Cheveer" disse, sorridendole molto più a suo agio ora che poteva realmente guardarla in faccia senza doversi chiedere, ogni due minuti, se stava impazzendo o meno. Tenne le mani sollevate sopra la testa giusto il tempo di pronunciare quella frase; poi, le riportò alla loro posizione originaria, vincendo la tentazione di ridacchiare e di lanciare una delle sue solite battute. Sentiva le parole lì, sulla punta della lingua, ma sapeva che far notare con una battuta alla Direttrice dei Tentatori che anche avendo accesso alla sua mente non sarebbe riuscita, da sola, a disinserire l'allarme, gli sembrava una mossa poco saggia. Non che il Salvatore mancato fosse avvezzo ad imparare dai suoi errori ma l'esperienza con Adrian era stata chiarificatrice: aveva già abbastanza nemici così, senza bisogno di aggiungere qualcuno in grado di friggerti il cervello alla lista. Anche se, a dirla tutta, forse sulla sua lista nera ci era già finito, rinchiudendola lì dentro. Difficile a dirsi, così su due piedi.

    Però, nonostante i suoi sforzi, Jake non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire un mezzo sorriso davanti alla proposta di Lilian: non era mai stato bravo con gli interrogatori - la sua bocca larga faceva si che fosse più abile nel portare allo sfinimento chi lo stava ascoltando, piuttosto che a racimolare informazioni - ma due domande erano molto più del tempo che gli serviva per avvisare Roland di cosa stava accadendo e dell'entità del problema. Quando il Sistema di Sicurezza di casa Chambers si attivava, un messggio in automatico arrivava al telefono di entrambi i Cacciatori, così come accadeva se veniva azionato quello di Villa Deschain: Jake avrebbe potuto far pervenire il messaggio alla polizia ma sapeva perfettamente quanto Roland preferisse lavare i panni sporchi in casa, senza apporti esterni di nessun tipo. Anche a causa dell'eccessiva tendenza delle forze dell'ordine a fare domande terribilmente scomode. Di conseguenza, un primo allarme era già stato inviato a Roland, ma Jake voleva essere più specifico possibile, così che egli potesse essere relmente preparato a ciò che lo aspettava. Forse il Cacciatore non avrebbe fatto in tempo ad arrivare sin lì così in fretta, ma Jake riteneva di poter intrattenere Lilian il tempo necessario. Quantomeno, doveva provarci. Ciò di cui non era effettivamente certo, tuttavia, era di quanto quella donna potesse effettivamente addentrarsi nella sua testa: poteva arrivare a leggere le sue intenzioni come faceva Adam Miller con chiunque gli capitasse a tiro o doveva tirare ad indovinare? Probabilmente lo avrebbe scoperto strada facendo. "Sta bene" disse, mentre forumlava mentalmente il messaggio, un pò in codice e un pò no, da far inviare dal suo cellulare - o perchè no, direttamente dal computer che gestiva parte del sistema centrale di sicurezza della casa - direttamente a quello di Roland. "Ti chiederei se posso darti del tu, ma non voglio sprecare una domanda. Quindi credo che per questa volta mi prenderò questa libertà. Spero non sia un problema" disse, per poi scuotere la testa "Ovviamente questa non è una domanda indiretta, non farci caso..." "...come avrai capito mi piace parlare a vanvera" aggiunse, ma solo mentalmente, cercando di non accavallare quel pensiero al messaggio che stava preparando. "Prima di iniziare mi complimento: sei la prima persona che prova a prendere la scorciatoia e devo ammettere che lo hai fatto anche con un certo stile" aggiunse, scrutandone l'espressione, giusto per capire quanto avrebbe potuto tentennare senza farle perdere definitivamente le staffe. Non molto gli suggeriva il suo sesto senso, quindi decise di porre la prima domanda senza perdere troppo tempo. "Deduco che l'obbiettivo fosse racimolare informazioni succulente di qualche tipo: quello che mi interessa sapere è, sostanzialmente, la ragione. Per portare e/o vendere informazioni succulente ai piani alti nel caso tu avessi scoperto qualcosa di losco o per un'altra ragione? Per inciso, per piani alti intendo Sallister o qualcuno della sua cricca di funzionari più o meno impomatati" concluse, dondolandosi leggermente sui talloni: avrebbe voluto muoversi almeno un pò, spostarsi da quella situazione di stasi, ma non voleva né avvicinarsi a Lilian né allontanarsi dandole l'idea di essere spaventato o intimorito. Del resto, nonostante avesse recuperato un pò di calma - sapere quantomeno con chi aveva a che fare era un buon inizio per capire quanto si sarebbe dovuto preoccupare - non poteva fare a meno di essere teso: se la Cheveer era stata mandata da Sallister o da qualcuno dei suoi, significava che la loro copertura non era poi così solida. Significavano guai grossi. A dirla tutta, anche se così non fosse stato, il problema si sarebbe posto comunque: voleva dire che qualcuno di abbastanza attento avrebbe potuto sospettare di Roland. Ma quello lo avevano già messo in conto: il vero fulcro del discorso, in quel caso, era un'altro. Dovevano preoccuparsi del fatto che erano già dei ricercati su scala nazionale prossimial patibolo o, semplicemente, qualcuno si era insospettito e aveva cercato di vederci chiaro? In ogni caso, lui stesso ponendo quella domanda si era sbliaciato e non poco. Jake sbattè un paio di volte le palpebre: quello il segnale per inviare il messaggio. Aveva fatto le sue mosse, ora non poteva far altro che aspettare.
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